Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/165


s u l l’ A r c h i t e t t u r a. 147

nirono della città. Sono adunque ad esaminare, ed a rispondere al vostro dubbio, lusingandomi di poterlo fare in maniera da rendervi totalmente persuaso.

§. 17. Il dubbio vostro è nato principalmente dall’osservare i passi, che io cito in prova, che la parola ethento, o venga dal verbo θέω, o dal più usuale e moderno τίθημι, vuol dire ugualmente porre, e deporre, fabbricare, e buttar giù. E’ sembrato a voi, che gli esempi riportati1 non siano del tutto adattabili al passo del geografo, mentre in alcuni o trattasi d’una distruzione metaforica, come son quelli di levare, e togliere la guerra, deporre le ingiurie, ec.; o di cose deposte, ma che si portavano addosso, come delle armi, che gettarono i presidiarj, o del cimiero, che buttò a terra Ulisse. Per rispondervi osserverò in primo luogo, esser necessario ne’ verbi di molti e varj significati riflettere a tutto il contesto del discorso, che solo può determinarci a ravvisarne il suo vero significato. E qui principalmente si appoggiano le mie ragioni per far vedere, come nella congiuntura, che venne usato da quello scrittore, non era possibile dargli l’interpretazione di fabbricare; ed aggiunsi poi quegli esempi per far vedere non esser cosa nuova, che gli autori si servissero di quello verbo per un senso totalmente opposto all’idea d’inalzare, costruire, fabbricare. In fatti siano pur metaforiche le espressioni di Platone, e di Tucidide, chi non sa, che la metafora siegue sempre la natura del proprio; e siccome in dicendo que’ due scrittori, che ponevansi le ingiurie, o la guerra, non volevano già significare, che o quelle, o questa facevansi, o mettevansi in piedi, ma bensì che toglievansi, levavansi di mezzo, facevasi che non più esistessero; così usando la stessa parola Strabone nel parlare d’una muraglia


T 2 in


  1. Pæsti rudera, dissert. 2. num. 11.