Pagina:Storia delle arti del disegno II.djvu/431


dai tempi d’Adriano ec. 423

[Urne in Sicilia.] §. 15. Non dobbiamo creder però che tutti quegli antichi monumenti della Sicilia siano stati dai Saraceni depredati; ma è verosimile che molti rimasti vi sieno sparsi per varj luoghi di quell’isola; e possiamo congetturarlo da quattro grandi urne di porfido bislunghe, che hanno la forma delle antiche vasche de’ bagni, e stanno nella cattedrale di Palermo, ove servono a contenere le ceneri di altrettanti re. Due altre urne consimili sono nel duomo di Monreale distante quattro miglia da Palermo, che fervono di sepolcro a due famosi re della stirpe normanna, Guglielmo il Cattivo, e Guglielmo il Buono. V’è tutta l’apparenza che tali vasi lavorati in bellissimo porfido sian ivi stati portati da Roma1, ove servissero in alcuni di que’ sontuosi bagni; poichè sotto gl’imperatori romani fu introdotto di far trasportare nella capitale quella pietra egiziana, e a’ loro tempi già la Sicilia era stata più volte spogliata degli antichi monumenti dell’arte che l’adornavano2; nè è altronde da credere che vi fossero colà persone che a loro spese facessero estrarre il porfido dalle cave d’Egitto per farlo poi lavorare in quel modo.

[Statue trasportate in Costantinopoli.]

§. 16. Nella sola Costantinopoli, dopo l’intero distruggimento che fatto se n’era nella Grecia e a Roma, si conservarono ancora per qualche tempo alcuni monumenti dell’arte. Ivi fu trasportato tutto quel poco che serbato erasi in Grecia, e persino la statua di bronzo dell’asinajo col suo somaro fatta gettare a Nicopoli da Augusto dopo la rotta data ad Antonio e a Cleopatra3. Ivi stette sino alla metà del secolo undecimo la Pallade dell’isola di Lindo, lavoro di Dipeno e Scillide; c vi si videro circa que’ tempi alcuni de’ più gran monumenti dell’arte, cioè il Giove Olimpico di


Fi-


  1. Gl’imperatori greci solevano portare il porfido, e lavori fatti in esso, da Roma a Costantinopoli; onde chiamavasi allora marmo romano. Ne facevano però venire anche dall’Egitto, Si veda Tom. I. pag. 153. n. b. pag. 139. n. 1.
  2. Vedi qui avanti p. 268. seg., e p. 356.
  3. Glycas Annal. par. 3. princ. p. 205. B.