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dai tempi d’Adriano ec. 413

lusso tipografico e con molte figure1. Sono pure stati, non molto avanti, pubblicati i gran palazzi e i tempj di Palmira2, che per la magnificenza non hanno eguali nel mondo, e ne son degni d’ammirazione gl’intagli e gli ornati. Non vi farebbe pertanto la contradizione che s’immagina il Nardini3, nel credere che i due pezzi d’intavolato benissimo intagliati, esistenti nel giardino del palazzo Colonna, probabilmente appartenessero al tempio del Sole, che in que’ dintorni avea fatto fabbricare l’imperatore Aureliano.

§. 3. Per trovare la soluzione di quello apparente paradosso basta considerare che l’architettura, sempre operando con regole e misure che ne determinano le parti, avea delle leggi più esatte già scritte che non le avea l’arte del disegnar figure, onde più difficilmente allontanarsene poteva e decadere. Quindi pare incredibile che nel portico del preteso tempio della Concordia, cui Costantino fece restaurare, come rilevavasi da un’iscrizione4 poscia smarrita, volendosi fare una giunta alla parte superiore d’una colonna, vi sia stata accozzata capovolta la parte inferiore d’un’altra colonna5.


§. 4. Quest’


  1. Ci avvisa però il signor abate Alberto Fortis nel suo Viaggio in Dalmazia, T. iI. pag. 40., che il signor Adams ha donato molto a que’ superbi vestigj coll’abituale eleganza del suo toccalapis, e del bulino; ma che in generale la rozzezza dello scalpello, e il cattivo gusto del secolo gareggiano colla magnificenza di quel fabbricato.
  2. Vedi qui avanti pag. 369. n. a.
  3. Roma antica, lib. 4. cap. 6. pag. 163.
  4. Marlian. Topogr. Rom. lib. 2. cap. 10. [La riporta anche Nardini l. 5. c. 6. p. 214.
  5. Winkelmann rigettando qui la volgare opinione, che questo tempio sia quello della Concordia, restaurato da Costantino, come già l’aveva combattuta ottimamente il Nardini loc. cit., non intende fissare il tempo del cattivo restauro di esso, che soltanto adduce per modo di esempio dell’essersi così barbaramente mancato in quel lavoro, non ostanti le regole certe, e determinate dell’architettura, al che non ha avvertito il ch. Tiraboschi Storia della Lett. ital. Tom. iI. lib. IV. c. ult. §. IV.; ma probabilmente dovrebbe essere stato fatto intorno ai tempi di Costantino, o ai più tardi ai tempi di Giuliano l’apostata, o del tiranno Magnenzio, o dell’altro Eugenio, che permisero di riaprire i tempj de’ Gentili, e il culto degl’idoli dopo le solenni proibizioni, e leggi fatte da Costantino sull’ultimo della sua vita, e dai di lui figli Costante, e Costanzo, ed altri imperatori appresso, come può vedersi nel Codice Teodosiano lib. 16. tit. 10., e ivi Gottofredo; seppure non fu restaurato il tempio come un semplice ornamento di Roma anche in questi tempi, secondo ciò che diremo in una dissertazione nel Tomo iiI. È precisa, ed elegante l’iscrizione. L’incavo delle lettere, che erano di bronzo, e di molto buona forma, benchè inferiore alle iscrizioni del vicino arco di Settimio Severo, e del tempio di Faustina.