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dai tempi d’Adriano ec. 379

Fauno dormente del palazzo Barberini, che si trovò nel ripurgare le fosse di quel castello. La più grand’opera di scultura ordinata da quell’imperatore era certamente la sua statua fu una quadriga, posta sulla vetta di quello suo sepolcro, la quale sì grande era, le crediamo allo scrittore che ciò ne racconta1, che un uomo di giusta grandezza capir potea comodamente nel concavo dell’occhio di que’ cavalli. Soggiugne lo stesso, che tutta l’opera era d’un pezzo solo; ma tale racconto ha l’aria d’una greca menzogna, come la pare anche l’asserzione di un altro greco scrittore, di cui appresso discorreremo2.

[Villa di Tivoli...] §. 6. Ma la più grande senza dubbio, fra tutte le opere d’Adriano, fu la sua villa Tiburtina, le cui ruine tuttora esistenti hanno ben dieci miglia di circuito. Rinchiudeva questa, oltre molti tempj ed altri edifizj, due teatri, dai quali, essendosi in uno conservata la scena, possiamo prendere una giusta idea de’ teatri antichi. Ivi fece copiare le più belle situazioni e i più grandiosi edifizj della Grecia, anzi vi volle rappresentati gli stessi Campi Elisj3. Con tanta magnificenza si fabbricò in quella villa, che era persino tutto rivestito di marmo un lago artefatto, in cui rappresentavansi de’ combattimenti navali. Scavando in que’ luoghi vi si trovano tuttodì, fra molti scheletri di cervi, molte teste di marmo e di pietre dure, alcune delle quali veggonsi espressamente rotte a colpi di piccone: le migliori sono nel museo del fu card. di Polignac.


B b b 2 §. 7. Del-


    fabbrica. Nella sommità era ornata con ammirabili statue d’uomini, e di cavalli dello stesso marmo, varie delle quali di maggior grandezza furono spezzate in quella occasione per gettarle contro i nemici, che cosi furono respinti. Se precisamente nella sommità della mole erano le statue, secondo Procopio, o la statua d’Adriano con cavalli, secondo Giovanni Antiocheno qui appresso, sempre più si renderebbe dubbiosa, ed incerta l’opinione accennata qui avanti pag. 44., che vi fosse posta la pigna di bronzo; non potendosi capire come questa vi avesse luogo.

  1. Joann. Antioch. Περί ἀρχαιολ. ap. Salm. Notæ in Spart. pag. 51.
  2. Vedi Capo ultimo §. 16.
  3. Sparziano nella di lui vita, in fine, Tom. I. pag. 215.