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358 S t o r i a   dell’A r t e   greca

co1, in cui respirava la voluttà; la sua morbida chioma coll’olio degli dei pare unta2, e simile a’ teneri viticci, scherza quali agitata da una dolce auretta intorno al divin suo capo, in cima a cui sembra con bella pompa dalle Grazie annodata. Mirando questo prodigio dell’arte, tutte le altre opere ne obblío, e sovra di me stesso mi sollevo per degnamente contemplarlo, Pieno di venerazione parmi che il petto mi si dilati, e s’innalzi come quello de’ vati del profetico spirito ripieni, e già mi sento trasportato in Delo e nelle Licie selve, che Apollo onorò di sua presenza3: parmi già che quella mia immagine vita acquisti e moto, come la bella opera di Pigmalione. Ma come potrò io ben dipingerla e descriverla! Avrei bisogno dell’arte medesima che mi desse consiglio, e guidasse la mia mano a perfezionar col tempo quelle prime linee che n’ho abbozzate. Depongo per tanto appiè di questa statua l’idea che ne ho data, imitando cosi coloro che posavano appiè de’ simulacri degli dei le corone che non giugneano a metter loro sul capo4.

§. 13. Da quella descrizione e dall’espressione che vedesi sul volto della statua appare che non possa ivi ravvisarsi con Spence Apollo cacciatore5. Se taluno però non trovasse sublime abbastanza l’immaginar qui ucciso dal dio il serpen-


te


  1. Conone Narrat. num. 33. pag. 273.
  2. Callimaco Hymn. in Apoll. vers. 39.
  3. Pare che Stazio Achill. lib. 1. v. 159. segg., nel descrivere che fa Achille giovane in paragone d’Apollo, nell’atto appunto, che ritornava dalla Licia, descriva in qualche modo questa di lui statua:

    Ille aderat multo sudore & pulvere maior:
    Attamen arma inter, festinatosque labores,
    Dulcis adhuc visu niveo natat ignis in ore
    Purpureus, fulvoque nitet coma gratior auro.
    Necdum prima nova lanugine vertitur ætas,
    Tranquillaeque faces oculis et plurima vultu
    Mater inest. Qualis Lycia venator Apollo
    Cum redit, & sævis permutat plectra pharetris.

    E Apollonio Argonaut. lib. 1. v. 676. segg.:

    Cæterum illis Latonæ filius e Lycia rediens
    Procul ad latas hyperboreorum hominum nationes,
    Piane apparuit. Aurei ab utraque gena
    Intorti cincinni assultabant eunti:
    Læva argenteum versabat arcum: in tergo
    Pharetra pendebat ab humeris; ac pedum nisu
    Tota intremiscebat infula, ut mare exundaret in siccum.

  4. Properzio lib. 2. eleg. 10. v. 21. 22.
  5. Polymet. Dial. 8. pag. 87.