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316 S t o r i a   dell’A r t e   greca

indicato col semplice prenome di Gneo. Altro incisor di gemme a questi tempi fu Agatangelo, il cui nome trovasi intagliato su una corniola bellissima rappresentante Pompeo Magno, della quale già s’è parlato altrove1. Alcamene, il cui nome leggesi su un basso-rilievo2, chiamossi Quinto Lollio prendendo questi nomi dal suo padrone, che era forse il rinomato Lollio contemporaneo d’Augusto. Più celebre ancora fu Evandro3 scultore ateniese, che andò in Alessandria col triumviro Marc’Antonio, e fu dal mentovato Augusto condotto a Roma con altri prigionieri4; a lui fu ingiunto di rifare la testa ad una Diana di Timoteo coevo di Scopa posta nel tempio d’Apollo sul Palatino5.

[...e talor anche dagli ingenui...]

§. 12. Nè erano già i soli greci liberti che l’arte esercitassero in Roma, ma ivi pur concorsero i più valenti artisti della Grecia, fra i quali si distinsero Arcesilao e Pasitele6. Il primo fu uno degli amici del famoso Lucullo, ed i suoi modelli tanto erano pregiati, che pagavansi dagli artefici stessi più che le opere finite degli altri artefici. Lavorò egli per Giulio Cesare una Venere, che fugli levata dalle mani7 avanti che dato le avesse l’ultimo compimento8. Pasitele originario della Magna Grecia, ottenne pe’ suoi talenti la cittadinanza di Roma9: egli occupavasi principalmente a far bassi-rilievi, o a cisellare in argento. Fra le opere sue rammenta Cicerone l’effigie del celebre comico Q. Roscio, rappresentato, qual lo vide la sua nutrice, circondato da un serpente10. Famosa era la sua statua di Giove in avorio11,


e som-


  1. Qui avanti pag. 29.
  2. Vegg. qui avanti pag. 144. §. 5.
  3. Hor. lib. 1. serm. 3. vers. 91.
  4. V. Schol. Horat. loc. cit.
  5. Plin. lib. 36. cap. 5. sect. 4. §. 10.
  6. idem lib. 35. cap. 12. sect. 45.
  7. Per la fretta di dedicarla. Plinio l. cit.
  8. Assai vaga fu una leonessa di marmo del nominato Arcesilao, posseduta da M. Varrone. Plin. lib. 36. cap. 5. sect. 4. §. 13. Le stavano giuocando all’intorno varj alati Amorini, alcuni de’ quali legata tenevanla, altri la forzavano a bere ad un corno, altri le mettevano i calzari ai piedi: e tutte quelle figure da un masso solo erano cavate.
  9. Vedi qui avanti pag. 225.
  10. De divin. lib. 1. cap. 16.
  11. Plin. lib. 36. cap. 5. sect. 4. §. 12.