Pagina:Storia delle arti del disegno II.djvu/321


p r e s s o   i   R o m a n i   ec. 315

far le distrutte, una mandonne a far risorgere Corinto dalle sue ruine, nella qual occasione molti antichi monumenti furono disepolti1. Forse a quell’epoca riferirsi deve una grande e bella statua di Nettuno disotterrata nella città medesima alcuni anni addietro, appiè della quale evvi un delfino con quella iscrizione sul capo:

Π. ΛΙΚΙΝΙΟС
ΠΡΕΙСΚΟС
ΙΕΡΕΥС...


da cui rilevasi essere stata eretta quella statua da P. Licinio Prisco sacerdote: e si vede che la forma delle lettere è di que’ tempi. Talvolta il nome della persona, che ha fatta ergere la statua, trovasi unito a quello dell’artista2.

[Esercitate furono in Roma da’ greci liberti...] §. 11. I Romani da tutte le contrade in cui aveano soggettati i Greci, principalmente per le vittorie di Lucullo, di Pompeo, e d Augusto, fra gli innumerevoli prigionieri, trasportarono a Roma eziandio molti artisti, i quali essendo fatti liberti, continuavano ad esercitare le arti loro3. Uno di questi fu l’autore dell’impareggiabile testa d’Ercole esistente nel museo Strozzi a Roma4. Ei chiamavasi Gnajo, o Gneo, nome romano, probabilmente avuto da colui che data aveagli la libertà, e forse dallo stesso Pompeo, che talora vien


R r 2 in-


    come lo guarda la figura nei detti bassi-rilievi, e come lo guardava in una pittura descritta da Filostrato giuniore Icon. 2. p. 865., ove pare che descriva questa statua: Furtim autem (Marsyas) intuetur hunc barbarum, qui in ipsum gladii aciem acuit. Vides enim utique ut manus ejus coti, & ferro intentæ sunt, utque in Marsyam glaucis terribiliter intuetur oculis, coma arrecta agresti, & squallida. Rubor in gena ejus autem cædem parantis est, ut ego puto: superciliumque oculo incumbit ad iram compositum, atque animo quemdam induit affectum. Quin etiam ringitur sævum quiddam super iis, quæ patrare parat: nec an præ gaudio id faciat, an intumescente ad jugulationem animo, fatis scio. Il coltello non è certamente da far barba, cone conviene il signor Lanzi, ma è appunto da scorticare, benché lo neghi senza ragione il medesimo; nè è tanto dissimile a quello degli anzidetti, ed altri monumenti, Così intendo di escludere anche l’opinione di quelli, che nella stessa statua vogliono effigiato colui, il quale scopri la congiura di Catilina, o quella dei figli di Bruto, o quella de’ Pisoni contro Nerone; di cui possono vedersi le congetture del Gori Mus. Florent. Statuæ, Tab. 95. 93., ove ne dà la figura, data anche da Gronovio l. cit., e da Maffei Raccolta di statue, Tav. 41.

  1. Ved. Tom. I. pag. 23. §. 5.
  2. Orvil. Animadv. in Charit. lib. 2. c. 5. pag. 186. Tom. I.
  3. Vedasi qui avanti pag. 71. seg.
  4. Stosch Pierr. grav. pl. 23., Gori Dactyliotheca Smithiana, Tom. I. Tab. 23.