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336 D e l   B e l l o   c o n s i d e r a t o


[... nelle figure degli eroi...] §. 14. Egual cura e avvedutezza usarono gli antichi artici nel rappresentare le figure degli eroi; e que’ soli umani affetti espressero che convengono ad un uomo savio, il quale reprime il bollore delle passioni, fa appena vedere qualche scintilla dell’interno suo fuoco, per lasciare a chi ne è bramoso la cura di scoprire quel che in loro rimane ascosto: alle sue maniere composte corrisponde in lui pur il modo di favellare; e quindi Omero ebbe a paragonare le parole d’Ulisse alle fiocche di neve, le quali in copia bensì, ma dolcemente cadono a ricoprir la terra. Persuasi inoltre erano quegli artefici, che la magnanimità, siccome dice Tucidide, dovesse essere unita ad una nobile semplicità: καὶ τὸ εὔηθες, οὗ τὸ γενναῖον πλεῖστον μετέχει1. Tale appunto si scorge in Achille, il cui carattere è un misto di prontezza allo sdegno, e d’inalterabil durezza, un’anima aperta senza finzione e senza falsità. In conseguenza di ciò essi non mai diedero ai loro eroi un’aria raffinata, artificiosa, astuta, o sprezzante, ma sempre espressero su i volti loro l’innocenza unita alla più sicura calma.

§. 15. Giova qui osservare che nel rappresentare gli eroi è assai più legato l’artista che il poeta: questi può descriverceli quali erano nei tempi loro, quando cioè nè il governo, nè le troppo ricercate maniere del colto vivere non aveano ancora indebolite le umane passioni, e non curandosi punto del contegno della persona, può attribuir loro tutto ciò che alla loro età e stato non disconviene; laddove l’artista, che si propone di fare una bella figura, sceglier deve perciò quel che v’ha di più bello nella natura, e avendo ad esprimere le passioni, si deve ristringere a quel grado, che non porta pregiudizio alla bellezza.



§. 16. Ab-
  1. lib. 3. cap. 83. pag. 219. [Simplicitas, cujus ipsa generositas est maxime particeps.