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LIBRO I 33


XXI. E mentre questi atti con maligna intenzione operavansi, accadeva in città scena ridicola e miseranda. Vinti dalle seduzioni e dagli eccitamenti dei francesi Communeau e Jurry, che agitavansi in città per far proseliti alla causa repubblicana, pochi romani prepararono la festa della libertà e, crudo pensiero, vollero mandarla ad effetto il giorno, in cui celebravasi l'anniversario della elezione di Pio. Correva il popolo al campidoglio, s'ingrossava per via, curioso e beffardo giungea sulla piazza. Un albero, avente sulla cima il berretto frigio, posto a traverso sul lastricato, dovea alzarsi emblema di libertà. Appena il videro eretto sollevò un lieto grido la plebe, ma fu quella gioja o effimera, o di breve durata. Condotto il popolo sul foro romano, ricordati pomposamente i grandi nomi degli antichi, si fece rumoroso appello ai presenti per sapere se volea Roma sorgere a nuovi destini: arti subdole e non atte alla manifestazione dell’universale pensiero. Intese le risposte, compendiate in un fremito popolare e rogato atto solenne da cinque notai, fu sul famoso colle capitolino promulgata la libertà e l'indipendenza di Roma. Squillarono le trombe, suonarono le campane a distesa, trasse castel s. Angelo, e quel suono dovè mestamente piombare sul cuore di Pio e dei cardinali di santa chiesa, che raccolti nella cappella Sistina celebravano il vigesimo terzo anniversario della sua elezione. Bella e nobile prova del coraggio e dell'amore, ond'era compreso in quei tristissimi eventi il sacro collegio. A Berthier che, inauguratore del nuovo stato, entrava trionfante in Roma dalla porta del popolo, si offrì una civica corona; egli modestamente l’ accettava, destinandola a Bonaparte, che con imprese mirabili ed inaudite avea, disse, aperta la via a quel nuovo stato1. Le parti

  1. Il secondo dispaccio da Al. Berthier inviato a Bonaparte dicea « Le vostre vittorie, cittadino generale, hanno aperta alle armi francesi la via per giungere a Roma, e così vendicare, in nome del governo l'uccisione del prode generale Dupbot: l'esercito francese appena si è mostrato Roma divenne libera. Nel giorno ventisette il popolo di questa immensa capitale ha concordemente dichiarata la sua indipendenza, e ripigliati i suoi diritti. Una deputazione mi ha manifestati i suoi voti, ed io ho fatto il mio ingresso in Roma, ove, giunto al campidoglio, in nome della repubblica Francese, ho riconosciuta la repubblica romana indipendente. Pervenuto alla porta detta del Popolo alcuni deputati mi hanno presentata una corona a nome del popolo romano. Nel riceverla io dissi loro, che apparteneva questa di tutto diritto al general Bonaparte, le cui prime gesta avevano preparata la romana libertà: che io la riceveva per lui, e che gliel'avrei trasmessa a nome del popolo di questa metropoli. Incarico mio fratello, cittadino generale, a recarvela, mentre dichiaro, che debbo a voi solo il momento ben avventurato che mi ha posto in grado di proclamare la romana libertà ».
    Giucci. Vita di Pio VII.