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XVI
 
 



A Londra vide Giovanni Berchet, che allora cantava sdegnosamente l’infamia inglese nel mercato di Parga: e lo confortò a continuare a comporre poesie di quella tempra. Nel 1823 visse qualche tempo col conte Porro all’estremo di Londra in una casetta del Foscolo. Ivi cercava quiete a studii gravi, meditò un’opera sul Congresso di Verona, ma non trovò nè il tempo nè la calma necessaria a compirla. Per fuggire la miseria era costretto a scrivere articoli per i giornali, lavoro che gli era sommamente antipatico. Ora era scoraggiato, ora esaltato; spesso lottò colla miseria. Nel 1824 si trovò agli estremi e mancava assolutamente di pane. Bisognò pigliare un partito: e stabilì di andare a Nottingham nella speranza di provvedere alle sue necessità, dando lezioni di lingua italiana e francese.

Questo stato era gravissimo a lui, che sentivasi anima capace a fare qualche cosa di grande. Quindi desiderava l’occasione di uscire da queste angustie micidiali. “I miei sogni, i sogni della mia vivissima fantasia, scriveva al Cousin, si sono svaniti. Anco le mie speranze mi si sono estinte nell’anima: vuolsi ella omai svincolare da questo terrestre suo carcere.” A un altro amico scriveva: Quando si ha un’anima forte conviene operare, scrivere o morire. L’occasione di operare e morire gliela offrirono i fatti di Grecia. Non avendo potuto combattere per l’Italia, desiderò di adoprare il suo braccio per la patria di Socrate e di Platone. E coll’amico suo Giacinto Collegno partì per la Grecia il dì 1 novembre 1824. L’amico, che gli fu compagno di viaggio e lo vide fino quasi agli ultimi giorni, raccolse tutte le notizie che potè avere di lui in questa spedizione infelice.

Il 4 dicembre scoprirono le montagne del Peloponneso. Mentre i passeggieri che erano a bordo alla nave provavano la gioia naturale ad ogni uomo che è presso