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4° La levata del blocco di Trieste.
5° Lo sgombramento da Peschiera, Rocca d’Anfo e Pizzighettone.
6° Lo sgombramento di Modena e Parma; e per ultimo

                  7° L’immediata liberazione di tutti gli ufficiali ed impiegati trattenuti, ed il loro invio al quartier generale del Feld maresciallo.1

Il governo di Milano decretava il 1.° di agosto la leva in massa.2 A questo passo estremo ricorrevasi come misura necessaria in quegli estremi momenti, resi più terribili dallo sdegno e dall’ira che la durezza delle austriache proposte eccitava negli animi.

Una deputazione composta dell’arcivescovo, del podestà di Milano Paolo Bassi, e di due cittadini, recavasi al campo, ma non ne trovava migliori.3

L’armata di Carlo Alberto indietreggiando sempre, era il 3 a Milano. Avvicinavasi il generale Radetzky, chi diceva con trentacinque, chi con sessanta mila uomini, sopra quella sventurata città che l’ira delle passioni doveva rendere teatro di scene orribili e vergognose. Il 4 fuvvi un forte combattimento sotto Milano, ma i Piemontesi si ebbero la peggio. Univasi alle loro sventure la imprevidenza dei fornitori che fecer mancare il vitto. Erano i Piemontesi battuti, estenuati, scoraggiati, affannati. Per colmo di disgrazia l’indisciplina ancora si era impossessata di loro dopo la rotta.

Mentre finalmente il 5 stipulavansi i patti della capitolazione di Milano con cui risparmiavasi la città, promettevansi riguardi, accordavansi due giorni all’armata sarda per ritirarsi, permettevasi sino all’indomani alle otto libera uscita a chi volesse partire, stabilivansi la occupazione di porta Romana e l’entrata e occupazione della città a mezzo giorno, pattuivansi il trasporto degli ammalati e dei feriti

  1. Vedi Memorie ec. di un Veterano austriaco, pag. 120.
  2. Vedi Documenti, n. 111.
  3. Vedi Farini vol. II pag. 248. — Vecchi, L'Italia, storia di due anni 1848—1849, vol. I, pag. 249.