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della rivoluzione di roma | 161 |
«Ogni abolizione di Gesuiti, qualunque ne sia stata la cagione, forma pei futuri nelle pagine della storia una prova monumentale di questa asserzione: poiché ormai non vi ha quasi abolizione di Gesuiti non seguita dal fatto fatale di un qualche rovescio politico. Egli è vero che il raziocinio post hoc, ergo propter hoc, giusta i dialettici, non vale a conchiudere causalità, ma è pur vero presso i medesimi che la costante sequela di un effetto dietro un fatto, dà il giusto diritto di conchiudere almeno una veemente influenza dello stesso sull’effetto.» 1
E difatti quando si maturava in Europa lo sviluppo dei principi del 1789, la prima cosa cui si volse l’attenzione fu il discacciamento dei Gesuiti; e tanto fecer le associazioni occulte (che noi astenendoci da ogni epiteto odioso chiamerem progressiste), tanto si disse e si scrisse a carico dei Gesuiti, che i sovrani stessi e i lor ministri ne furono allarmati, e gridaron loro la croce addosso, e i Gesuiti vennero quasi dappertutto sbandeggiati e depressi. 2
Giunto il famoso anno 1789, venne incontanente la rivoluzione a farci la sua visita, e signoreggiò per vari anni la Francia, e quindi la Francia e l’Italia insieme, e potè farlo impunemente, perchè non attraversata dal gesuitico ingombro.
Accaduta però la restaurazione del 1815, furono i Gesuiti a poco a poco, quasi dappertutto, riammessi e reintegrati in quegli esercizi che formavan la base e lo scopo della loro istituzione.
Dopo aver goduto però per vari anni la pace, e preparandosi in Francia la ripetizione di quella che Luigi Blanc chiamò la commedia dei 15 anni, cioè avvicinandosi la rivo-