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emanata dal cardinal Gizzi, nella sua qualìfica di segretario di Stato, una notificazionc portante la data del 22 giugno, la quale riportiamo per disteso nel sommario, ed ove fra le altro cose dicevasi.

«Non aver potuto la Santità Sua non iscorgere, senza grave pena dell’animo suo, che alcuni spiriti agitati giovar si vorrebbero dello stato presente, per esporre e fare prevalere dottrine e pensieri totalmente contrari alle sue massime, e per ispingere ad imporne del tutto opposte all’indole tranquilla e pacifica, ed al sublime carattere di chi è vicario di Gesù Cristo, ministro di un Dio di pace, e padre di tutti i cattolici, a qualsivoglia parte del mondo essi appartengano, e per eccitare nelle popolazioni con lo scritto e con la voce, desideri e speranze di riforme, oltre i limiti sopra indicati.» E quindi dopo altre considerazioni soggiungeva: «Se non che il paterno cuore di Sua Santità soffre grandemente nel vedere le popolazioni ed i particolari del continuo dispendiati, anche con incomode collette, per concorrere a pubbliche dimostrazioni; nello scorgere gli artieri intralasciare il lavoro con discapito delle loro famiglie; nell’osservare la gioventù destinata agli studi perdere un tempo per essa prezioso; e nel rimarcare la dissipazione che si cerca di mantener nel popolo. E più ancora soffrirebbe l’animo di Sua Santità se ciò oltre si prolungasse. ec.»

Riportò la detta notificazione il nostro Diario.12 Si tacque però il giornalismo romano, ed alla sola Bilancia si permisero poche parole per narrare, secondo l’officio di cronisti, l’acerba sensazione che negli uomini del progresso produsse, e le parole dei moderati per attenuarne il dolore. Chiudevasi l’articolo della Bilancia con quel celebre detto, che «Irae amantium amoris redintegratio3


  1. Vedi il sommario, n. 5.
  2. Vedi il Diario di Roma, del 20 giugno 1847.
  3. Vedi la Bilancia, del 25 giugno n. 15.