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Quantunque però fossero aggiunte le due strofe in un foglietto, la litografia contenente le note musicali e sottovi le parole rimase secondo la prima edizione, cioè senza che vi fosse nominato nè punto nè poco il Santo Padre.1

Nella prima edizione pertanto di un coro che scrivevasi perchè fosse da cantarsi da tutti, e che effettivamente si conobbe negli stati pontifici non solo, ma in tutta l’Europa, di un coro fatto per solennizzare il giorno della elezione del pontefice, di questo non si parlava affatto.

Ciò costituì una mancanza imperdonabile per parte dello Sterbini, ma fu pure una mancanza anche più forte per parte dell’autorità che lo permise o lo tollerò.

Converrebbe quindi credere o che lo sbalordimento avesse accecato i revisori delle pubbliche stampe o che la rivoluzione avesse già preso un tale sopravvento, che le stesse autorità governative fosser già disconosciute e derise.

Si raffrontin di grazia le parole del coro con quelle pronunziate nel discorso dello Sterbini in occasione del banchetto alle terme di Tito. Nel suo discorso esaltavansi le glorie dell’antica Roma, e si parlava di Romolo, e del popolo re e del senato, e della rupe Tarpea, e nel coro si parla dell'aquila altera, e dei trofei di Mario, e del colle Tarpèo.

Sommamente c’incresce che nè il Farini nè il Ranalli, per non aver forse conosciuto queste particolarità, abbian potuto farne menzione nelle loro storie famigerate. Ciò che noi scriviamo è verità documentata che ognuno potrebbe a suo bell’agio verificare.

Nelle ore pomeridiane dello stesso giorno il famoso padre Gavazzi recitò un discorso nella chiesa di santa Maria degli Angeli.2 Fu lodato dai progressisti esagerati, biasimato altamente da tutto il resto di Roma. Dopo di ciò

  1. Vedila nel vol. II Documenti, n. 59.
  2. Vedilo nel vol. III delle Miscellanee, n. 5.