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potea presentarsi, per onorare il di natalizio dell’amato pontefice e sovrano.

Circa tre ore avanti mezzodì usciva il papa con isplendido corteggio e con pompa solenne dal suo palazzo del Quirinale, movendo alla volta dell’arcibasilica lateranense.

Tutte le case lungo le strade per dove passava erano ornate di serici addobbi. Serti di verdura e di fiori pendevan dalle finestre, popolo immenso per via che inginocchiato salutavalo rispettosamente e festosamente acclamavalo.

Giunto al Laterano il Santo Padre, e compiuta la sacra cerimonia, comparve sulla loggia superiormente nominata.

L’immenso spazio che si allarga innanzi alla medesima, e che termina colla basilica di santa Croce in Gerusalemme, presentava allo sguardo uno spettacolo oltre ogni dire imponente, perchè sin dove l’occhio permetteva di vedere l’arcibasilica le masse accalcate di popolo eran venute occupandolo. La truppa in bell’ordine schierata sulla piazza; le bande musicali in prossimità della medesima facevan sentire i loro armoniosi concerti. Gli artiglieri lungo le mura della città tenevansi pronti a far tonare le artiglierie nel momento della benedizione.

Quale fosse il grido che sì sollevò gigante al comparir del pontefice sulla gran loggia, non sapremmo con adeguate parole descriverlo; nè il protendere delle braccia infinite, nè l’agitar de’ pannilini per tutto quell’immenso piazzale. Sorge in piedi il vicario di Cristo, s’inginocchian tutti, e sottentra per rispetto il silenzio più profondo; allora il pontefice con voce sonora che alle più lontane orecchie degli astanti perviene, pronunzia quel desiderato: sit nomen Domini benedictum, e le parole della preghiera che precede la benedizione; un amen sonoro eruppe al tempo stesso da tutte le bocche in risposta. Quindi, alza la mano il pontefice, e benedice al suo popolo. Grida fragorose moltiplici di evviva sursero allora, e ripeterono frammiste al suono de’ sacri bronzi, al tonar delle artiglierie, ai concerti musicali delle bande. Chi non sentissi