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Quel molto e quell’invano sono il ritornello di una cantilena chiusa in sè stessa ed esaurita nell’espressione di un rapporto tra due oggetti. Naturalmente cercando l’effetto in quel rapporto, l’intelletto vi prende parte più che non si convenga a poeta e riesce nel raffinato e nel concettoso, come:

O di par con la man luci spietate!
Essa le piaghe fe’, voi le mirate.

Questo parallelismo fondato sopra ritornelli di parole, ravvicinamenti di oggetti, e straordinarietà di rapporti, non è un accidente, è il carattere di questa forma con gradazioni più o meno spiccate. E non attinge solo i pensieri, ma anche le immagini, come:

. . . . . . e par che porte
Lo spavento negli occhi e in man la morte.

L’immaginazione nelle sue contemplazioni ha sempre ai fianchi un pedagogo, che analizza e distingue con logica precisione, come:

Sparsa è d’armi la terra, e l’armi sparte
Di sangue, e il sangue col sudor si mesce.

Cerca troppo il poeta lo stacco e il rilievo, dare un significato anche all’insignificante, e cerca il significato nei rapporti intellettuali anche tra la maggiore evidenza della rappresentazione e la concitazione più violenta dell’affetto, come:

O sasso amato ed onorato tanto,
Che dentro hai le mie fiamme e fuori il pianto!

Con questi giuochi di parole e di pensieri si lagna Tancredi e infuria Armida, la quale anche nella dispera-