Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/158


― 146 ―

diti. Quanto alle classi colte, ritirate da gran tempo nella vita privata, negli ozi letterarii e ne’ piaceri della città e della villa, niente parve loro mutato in Italia, perchè niente era mutato nella lor vita. Contenti anche i letterati, a’ quali non mancava il pane delle corti e l’ozio delle Accademie. Questa Italia spagnuola-papale aveva anche un aspetto più decente. A forza di gridare che il male era nella licenza de’ costumi, massime fra gli ecclesiastici, il Concilio di Trento si diede a curare il male riformando i costumi e la disciplina. Si non caste, tamen caute. Al cinismo successe l’ipocrisia. Il vizio si nascose; si tolse lo scandalo. E non fu più tollerata tutta quella letteratura oscena e satirica; Niccolò Franco, l’allievo e poi il rivale di Pietro Aretino, predicatosi da sè flagello del Flagello de’ principi, finì impiccato per un suo epigramma latino. Il riso del Boccaccio morì sulle labbra di Pietro Aretino. La censura preventiva, stabilita già dal Concilio lateranense, fu applicata con severità; fu costituita la Congregazione dell’Indice. Sorsero nuovi ordini religiosi per la riforma de’ costumi e l’educazione della gioventù, i Teatini, i Comaschi, i Barnabiti, i Padri dell’oratorio, i Gesuiti. Si composero poesie sacre, che si cantavano nelle chiese e nelle processioni. San Filippo Neri introdusse gli oratorii, drammi e commedie sacre. L’istruzione cadde in mano a’ preti e a’ frati. Spirava un odore di santità!

Questa fu la Riforma fatta dal Concilio di Trento, e che il Sarpi chiama difformazione. Il tema prediletto dei poeti italiani e de’ protestanti, erano gli scandali della corte Romana. Roma, la meretrice di Dante, la Babilonia del Petrarca, era stata assalita da’ protestanti nel suo lato più debole, e più efficace sulle grossolane moltitudini, nella sua scostumatezza. Il Concilio spezzò quest’arma antica di guerra in mano agli avversarii, riformando la disciplina e dando in questo ragione al vec-