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294 STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA.

è stato diligentemente tessuto1. Fu egli ancora il primo Autor tra’ Latini di quella sorte di Satire, che da un certo Menippo Greco primo inventore di esse dette furono Menippee. Erano esse scritte in prosa, ma vi si frammischiavano ancora versi di varj metri. Il qual genere di componimento da alcuni moderni ancora è stato imitato, e singolarmente nella famosa Satira Menippea pubblicata in Francia nei tempi torbidi della Lega. I titoli di queste Satire di Varrone, altre scritte in Greco, altre in Latino, sono stati raccolti dal mentovato Fabricio. Tutti questi libri da Varrone composti e scritti in maniera, che ben vedevasi in essi il dottissimo uomo, ch’egli era, gli conciliarono sì grande stima, che avendo Asinio Pollione aperta in Roma a’ tempi d’Augusto la prima pubblica Biblioteca, e avendo in essa locate le immagini de’ più dotti uomini d’ogni età, di que’, che allora vivevano, Varrone solo ebbe da lui quest’onore. Udiamone il testimonio di Plinio il vecchio, che non può essere più onorevole per Varrone2: M. Varronis in Bibliotheca, quæ prima in orbe ab Asinio Pollione de manubiis publicata Romæ est, unius viventis posita imago est, haud minore, ut equidem reor, gloria, Principe oratore, & cive, ex illa ingeniorum, quæ tunc fuit, multitudine, uni hanc coronam dante, quam cum eidem Magnus Pompejus piratico ex bello navalem dedit. Ma di tante dottissime opere da Varrone lasciateci solo sei libri de’ ventiquattro, ch’egli ne aveva scritti, intorno alla lingua latina, e questi ancora imperfetti, i tre libri intorno all’Agricoltura, e alcuni pochi frammenti degli altri ci son rimasti. 171 Note

1

De Cl. Orat. n. 29.

2

Ibid. n. 35.

3

Svet. de Ill. Gramm. c. XII.

4

De Hist. lat. lib. I.

5

De Orat. l. II n. 9, 12, 13 & De legib. l. I n. 2, 3 &c.; De finib. l. V n. 19; De Cl. Orat. n. 75.

6

Histor. lib. II.

7

In Vit. Attici.

8

De Cl. Orat. n. 3, 4 & Orat. n. 34.

9

L. V ad Famil. Ep. XII.

10 Lib. IV ad Attic. epist. VI. 11 Lib. I ad Attic. ep. XIX & l. II ep. I. 12 Ib. lib. I ep. XIX & l. II ep. III. 13 Lib. I ep. XIX. 14 De Leg. l. I n. 2. 15 Il Sig. Ab. Lampilla

no match

s mi sgrida qui aspramente (T. II p. 29) perché io non ho parlato di Cornelio Balbo Spagnuolo, vissuto in Roma, uom dotto, protettore de’ dotti, e autore di alcune opere Storiche ora perdute, e valendosi del suo diritto di penetrare le altrui intenzioni afferma francamente, ch’io non l’ho nominato, perché non poteva annoverarlo trai Corruttori dell’Eloquenza. Io protesto innanzi agli uomini onorati e saggi, che il solo motivo, per cui non l’ho nominato, è stato, perché me ne sono dimenticato: cosa che mi è accaduta anche riguardo ad alcuni dotti Italiani, come il seguito di queste giunte farà palese. Se il Sig. Ab. Lampillas non mi vuol dar fede, io nol costringerò a farlo. 16 Lib. VII c. XXV. 17 In Jul. c. LVI. 18 De Cl. Orat. n. 72. 19 Plut. Vit. Cicer.; Cic. lib. XIII ad Att. ep. I & II. 20 Cic. lib. IX ad Famil. ep. XVI. 21 In Jul. c. VI. 22 Sveton. Ibid. 23 Dial. de Caussis Corr. Eloquent. 24 V. Bergier Des Grands Chemins de l’Empire l. III c. 4. 25 Cap. XLIV. 26 Svet. c. XLIII. 27 c. XLVII. 28 Bibl. Lat. l. I c. X. 29 C. LVI. 30 De Cl. Orat. n. 75. 31 De hist. Lat. l. I c. XIII. 32 De Morib. German. c. XXVIII. 33 Præf. ad l. VIII Bell. Gall. 34 Præf. ad Polyb. 35 Reflex. sur l’histoire § XXVIII. 36 V. Voss. de hist lat. l. I c. XV. 37 L. XVII c. XVIII. 38 Dio lib. XL. 39 Id. l. XLIII. 40 L. VIII c. III. 41 L. XIV epigr. CXCI. 42 L. X c. I. 43 V. Fabric. Bibl. Lat. l. I c. IX. 44 Gellius lib. XV c. XXVIII. 45 L. III c. XVIII. 46 V. Maffei Ver. Illustr. P. II lib. I. Una nuova opinione intorno alla patria di Cornelio Nipote ci ha di fresco proposta il Ch. Conte Giambatista Giovio, cioè ch’ei sia Comasco (Gli Uomini Illustri Comaschi p. 297, 360). Egli ne pone per fondamento una lettera di Plinio a Severo, in cui gli scrive, che Erennio Severo desidera di porre nella sua Biblioteca imagines municipum tuorum Cornelii Nepotis & Titi Cassii; e aggiugne, ch’egli spera, che Severo volentieri si prenderà la cura di proccurargliele, quod patriam tuam, omnesque, qui nomen ejus auxerunt, ut patriam ipsam veneraris ac diligis (Lib. IV Ep. XXVIII). Dunque, ne inferisce egli, e la conseguenza è giustissima, Severo, Cassio e Cornelio Nipote aveano una medesima patria. Ma qual fu la patria di Severo? Fu Como, dice l’ingegnoso illustratore delle glorie della sua patria, e ne abbiamo la pruova in un’altra lettera di Plinio allo stesso Severo, in cui gli scrive, che avendo acquistata una statua di bronzo 172

Corintio, egli vuol farla collocare in patria nostra, celebri loco... ac potissimum in Jovis templo, e soggiugne, che manderalla, o porteralla egli stesso a Severo, da cui ben si lusinga, che avrà in ciò tutta l’assistenza e l’ajuto opportuno (L. III Ep. VII). Era dunque Comasco Severo, ne inferisce egli, chiamandosi Como da Plinio loro patria comune: in patria nostra, ed ivi abitando di fatto Severo, come la lettera stessa ci manifesta. Ma io confesso sinceramente, che questa seconda conseguenza non mi sembra giusta al par della prima. Che Severo abitasse allora in Como, non può negarsi; ma ei poteva abitarvi o per Magistrato o altro impiego affidatogli, o per qualunque altra ragione, senza che quella fosse la sua patria. Tutta dunque la forza riducesi a quelle parole: patria nostra, come se Plinio volesse con ciò indicarci, che Como fosse patria di lui non meno che di Severo. Ma ognun sa, che i Latini usavano talvolta il plurale pel singolare parlando della lor sola persona. Così lo stesso Plinio: Sabinam quæ nos reliquit hæredes (L. IV Ep. X); e altrove: accipies hendecasyllabos nostros (Ib. Ep. XIV). Troppo dunque è debole la congettura tratta da quelle parole; e a me sembra, che più assai che questa espressione a provar Severo Comasco, abbia forza a negarlo quell’altra usata nella prima lettera, ove Plinio, di cui non v’ebbe forse l’uomo più amante della sua patria, parlando della patria di Severo, dice solamente patriam tuam, ove, se la patria di Severo era veramente Como, come lo era di Plinio, era ben verisimile, che ei si lasciasse sfuggire qualche sentimento del suo amor patriottico. Ad accrescere qualche forza al suo argomento aggiugne il C. Giovio, che tutte le edizioni hanno nel titolo della seconda lettera: Severum municipem suum rogat. Ma oltre che cotai titoli son troppo recenti per poter fare autorità alcuna, nella bella edizione, ch’io ho alle mani, delle lettere di Plinio fatta in Amsterdam nel 1734 quelle parole municipem suum non si leggono; e sembra, che gli Editori saggiamente ne le togliessero, perché non appoggiate ad alcun fondamento. 47 Carm. I. 48 De histor. Lat. l. I c. XIV. 49 Bibl. lat. l. I. c. VI. 50 Loc. cit. 51 De hist. Lat. l. I c. XVII. 52 Suasor. VI. 53 In Aug. c. LXXXV. 54 De hist. lat. l. I c. XVIII. 55 L. II c. XXV. 56 L. XXXIV c. XIII, l. XXXV c. II. 57 L. XLIII. 58 V. Voss. l. I c. XIX. 59 V. Voss. loc. cit. & Fabric. Bibl. lat. l. IV c. IV § VII. 60 In Claud. c. XLI. 61 L. I de Ira. C. XVI. 62 Præf. ad hist. nat. 63 L. VIII c. I 64 Lib. X c. I. 65 L. I c. V & l. VIII c. I. 66 L. V c. XXI. 67 L. VIII c. VI. 68 T. I p. 193 edit. Ven. 69 De Hist. Lat. l. I c. XIX. 70 L. II Epist. III. 71 Tacit. l. IV Annal. 72 Senec. epist. C. 73 La prima menzione, che a me è avvenuto di ritrovare di un preteso Codice di tutta intera la Storia di Livio, è quella, che ne fa Poggio Fiorentino, il quale scrivendo al March. Leonello d’Este gli narra, che un certo Niccolò venuto da quelle parti gli avea con giuramento affermato, che in un Monastero dell’Ordine Cisterciense nella Dacia avea egli stesso veduti tre gran tomi, ne’ quali in caratteri Longobardi misti di alcuni Gotici leggevansi tutte le diedi Decadi di questo Storico. E Poggio sembra prestar fede a un tal racconto, e molto più, che ciò da un altro ancora era stato affermato (Post. lib. de Variet. Fortun. ep. XXX). Ma anche questo sì raro Codice ha avuta la stessa sorte degli altri. 74 V. Conring. Antiq. Acad. Suppl. XIX. 75 In Descript. Hebridum. 76 De Livii Patavinitate c. I. 77 V. Mazzuchell. Scritt. Ital. In ejus Elogio. 78 V. Struvii Introd. ad notit. rei liter. c. III § I. 79 Viaggi T. I lett. VII. 80 Baudelot de l’utilité des Voyages T. II p. 404; Fabric. & Morhof. loc. cit. 81 Biblioth. Choisie pag. 407 Edit. an. 1709. 82 T. IV. 83 Più felice è stata la scoperta di un bel frammento del libro XCI di Livio fatto nella Biblioteca Vaticana l’anno 1773. La Storia di questa scoperta fatta a caso dal. Sig. Paolo Giacopo Bruns di Lubecca, e le diligenze e le fatiche da lui e dal 173

Sig. Ab. Vito Maria Giovenazzi usate in copiarlo, si posson leggere nella elegante prefazione premessa dal Sig. Ab. Francesco Cancellieri al frammento stesso pubblicato in Roma nel detto anno colle note del medesimo Ab. Giovenazzi. Il frammento appartiene alla Storia della guerra Sertoriana, e lo stile di esso è così chiaramente lo stil di Livio, che ogni Critico ancora più scrupoloso non può dubitarne. 84 Marmi Eruditi Lett. VIII. 85 Origini di Padova p. 124. 86 Biblioth. Univ. t. IX p. 49 &c. 87 Svet. in Jul. c. XXXIV & XLIV; Flor. l. IV &c. 88 Gell. lib. III c. X. 89 Lib. XXIX c. IV. 90 Chron. Euseb. 91 Bibl. Lat. lib. I c. VII. 92 Hist. Crit. Phil. t. II p. 31. 93 De Civ. Dei l. VI c. II. 94 L. I Instit. c. VI. 95 Consol. ad Helv. c. VIII. 96 L. X c. I. 97 Acad. Quæst. lib. I n. 3. 98 Lib. III c. X. 99 Loc. cit. 100 L. VII c. XXX.

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Girolamo Tiraboschi, Storia della Letteratura Italiana Tomo I, Modena 1787 Capo IV – Filosofia, e Matematica

I. Lo studio della Filosofia avea già cominciato a spargersi in Roma alla venuta di Panezio e

di Polibio, e più ancor alla venuta degli Ambasciadori Ateniesi, come si è detto nell’epoca precedente. Ma assai più universale si fece dopo la conquista della Grecia; e per riguardo alla Filosofia singolarmente si

  1. Loc. cit.
  2. L. VII c. XXX.