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il pregio di tale scoperta, diede a conoscere la Reale sua munificenza insieme e il suo accorgimento, poiché promisegli cinquantamila scudi da sborsarsegli di mano in mano, ch’egli col recar l’opera compiesse le sue promesse. Ma convien dire, che il Greco di Scio non fosse più felice del Bibliotecario Turco nel ritrovarla, poiché né egli né il promesso libro non si videro più. Il citato Baudelot dice di aver egli stesso parlato col detto Greco, e di aver udito da lui la maniera, con cui narrava di esser venuto al possedimento di Codice così prezioso.

XVI. Al Bibliotecario Turco e al Greco di Scio succeda ora una Badessa e uno Speziale

amendue Francesi. Il Colomiés81 ha pubblicata una lettera a lui scritta dal Chapelain l’anno 1668, in cui gli racconta di aver egli stesso udito narrar seriamente a un onestissimo uomo (ma non ne dice il nome) Ajo del Marchese di Rouville, che essendo egli col suo allievo in una delle sue terre presso Saumur, e volendolo esercitare al giuoco della palla, mandò a Saumur a provvedervi racchette, e che avutene alcune, considerando la pergamena, di cui eran coperte, gli parve di vedere nella maggior parte di esse de’ titoli in lingua latina della ottava, decima, e undecima Decade di Tito Livio. Volò tosto al mercante, da cui aveale comperate, e chiesegli, onde, e come quelle pergamene; a cui quegli venne narrando, che lo Speziale della Badessa di Fontevraldo avendo a caso trovato nell’angolo di una camera di detta Badia un ammasso di volumi scritti in pergamena, e avendo conosciuto, ch’era l’opera di Livio, egli chiesegli alla Badessa, adducendo per ragione, essere quell’opera già stampata, e inutili perciò essere quelle pergamene; da questo Speziale averle egli comperate e fattene molte racchette; e in fatti gliene mostrò oltre a dodici dozzine, che ancor gli restavano, nelle quali pure vedevansi titoli e parole somiglianti in lingua latina. A questo Codice dunque non giova pensare; poiché la prosontuosa ignoranza dello Speziale, e la semplice dabbenaggine della Badessa lo han lacerato. Ma ci potremmo almen consolare, colla speranza di vederne finalmente venire a luce un altro, che Abramo Echellense nella Dedica premessa al suo libro de summa sapientia vorrebbe farci credere, che esista