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Parte II. 83

trae, che a persuadere parlando sembrano più opportuni. Or l’invenzion di quest’arte viene comunemente attribuita alla Sicilia. Noi non possiamo averne più autorevole testimonianza di quella, che troviamo in Cicerone e in Aristotele, i quali a Corace e a Tisia Siciliani l’attribuiscono. Usque a Corace, dice Tullio1, nescio quo & Tisia, quos illius artis inventores & principes fuisse constat. Ed altrove all’autorità appoggiandosi di Aristotele2: Itaque, ait Aristoteles, cum sublatis in Sicilia Tyrannis res privatæ longo intervallo judiciis reperentur, tum primum, quod esset acuta illa gens, & controversa natura, artem & præcepta Siculos Coracem & Tisiam conscripsisse3. E noi veggiamo quì stabilito il tempo ancora, in cui l’arte dell’eloquenza ebbe trai Siciliani cominciamento, allor quando tolti di mezzo i Tiranni ricuperarono i Siciliani la libertà. In fatti, riflette a questo luogo saggiamente il Sig. de Burigny4, in un Governo dispotico l’Eloquenza di raro apre la via alla fortuna; ma ove il popolo decide di ogni cosa, chiunque sa toccarlo e persuaderlo egli è pressochè certo di giugnere a’ sommi onori. Ora il tempo, in cui fu da’ Siciliani ricuperata la libertà, viene da Diodoro fissato all’anno quarto dell’Olimpiade LXXIX5, in cui tutte quasi le altre Città seguiron l’esempio di Siracusa, la quale già da qualche anno aveala ripigliata; il qual anno cade nel 292 dalla fondazione di Roma, e 460 incirca innanzi all’Era Cristiana. Circa questo tempo dunque si vuole stabilire il cominciamento dell’arte dell’Eloquenza6.


  1. De Orat. lib. IL n. 91.
  2. Brut. n. 46.
  3. Di Corace ancora (p. 269.) ragiona la poc’anzi nominata Imperatrice Eudoffia, la quale ricorda innoltre più altri in questo capo da me nominati, cioè Lifia (p. 281.), Gorgia (p. 100.) Filisto (p. 422.), Diodoro Siculo (p. 128.), Temistogene (p. 233.), Ipi (p. 245.), Lico (p. 284.) e Polo (p. 355.)
  4. Il Ch. Sig. Ab. Andres non solo non reputa degni di molta lode i primi Scrittori, che ci dieder le leggi dell’Eloquenza, e ne formarono un’arte, ma anzi gli incolpa della decadenza del buon gusto, perciocchè, egli dice (Dell’Origine e Progressi d’ogni Letter. T. I. p. 42. &c.), i Greci cominciarono a vedersi privi di opere eccellenti, quando conobbero i precetti dell’Arte..... E chi non sa, che allora appunto mancarono gli Oratori e i Poeti, quando Aristotile con tanto ingegno e dottrina dell’arte rettorica scrisse e della poesia? Egli prosegue a sostener con ingegno, e a svolgere con eloquenza quella sua proposizione. E fe a lui basta, che in questo senso essa s’intenda, che i precetti non badano a forma-
  5. Histoir. de Sicil. t. I. p. 7.
  6. Diod. Bibliot., l. XI. p. 281.