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16 LIBRO SESTO — 1806.

numero indefinito di auditori, un vice-presidente, un presidente, il re: dava sopra ogni legge parere segreto per giuramento e statuto. Chi guardasse alle condizioni di quel consiglio lo direbbe parte della potestà regia; e chi alle occorrenze de’ tempi, instituzione libera e popolare. Senato al certo consultivo, ma in presenza del re, a riscontro de’ ministri, di opposizione o almeno di ritegno al voler cieco del potere. Il re ne creava i membri; ma re nuovo dovea sceglierli fra i meritevoli, che erano gli onesti per fama e i sapienti. Segreto il voto; ma poichè cinquanta i presenti, non mancava il benefizio della pubblicità, che non risiede negli usci spalancati alla plebe, ma nel giudizio sempre retto delle moltitudini e quindi nel bisogno, per trarre dal discorso laude e consentimento del dir vero e giusto.

Ed oltracciò (il nostro orgoglio non se ne offenda) non eravamo allora bastanti a più libere instituzioni; che si vogliono costume non leggi per far libero un popolo; nè la libertà procede per salti di rivoluzione, ma per gradi di civiltà; ed è saggio il legislatore che spiana il cammino a’ progressi, non quegli che spinge la società verso un bene ideale, cui non sono eguali le concezioni della mente, i desiderii del cuore, gli abiti della vita. Confessiamolo e speriamo, poco si addice e poco basta a noi molti Italiani, troppo civili o non civili abbastanza per le imprese di libertà.

L’orditura del sistema amministrativo che ho descritto era imitata dalle più libere umane associazioni, la Grecia, Roma repubblica, Roma impero sotto Nerva e Trajano. Dipoi Costantino per avarizia e stoltezza tolse alle comunità l’economia di se stesse; e suo figlio spartì i beni comuni tra ’l fisco e ‘l clero. Giuliano riparò a quelle ingiustizie. Valentiniano le ravvivò, Teodosio le spense di nuovo: la libertà dell’amministrazione camminava con le libertà politiche. In Francia, in Alemagna, in Inghilterra, in Italia, i comuni ritornarono liberi nell’undicesimo secolo: Napoli molto innanzi aveva un consiglio municipale. Ma la mortifera pianta della feudalità coprì il mondo, ogni libertà fu distrutta; il rialzarsi di qualche città, la benignità di qualche principe, erano eccezioni alle regole di servitù, breve respiro nella vita de’ popoli.

L’inghilterra, prima in Europa, dipoi a nostri tempi la Francia, con l’acquisto delle libertà politiche resero l’amministrazione a’ comuni. La Costituente francese fece ancor troppo, dando alle libertà municipali tante soperchie guarentige che le furono catene; ed isprecando per i bisogni e i disordini della rivoluzione i beni delle comunità. Succedè l’impero: Bonaparte volendo prospera la Francia, le dava giovevoli instituzioni, ma coi modi del dispotismo; perocchiè questo è il difetto (se pur difetto) delle menti eccelse. Alle troppe regole della Costituente unito il troppo vigor