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LIBRO SECONDO.

(anno 1759 sino al 1790.)


CAPO PRIMO.

Minorità del re.

I. Al fluire dell’anno 1759 essendo re, come ho riferito nel primo libro, Ferdinando Borbone nella età che non compiva gli otto anni, furono reggenti Domenico Cattaneo principe di san Nicandro; Giuseppe Pappacoda principe di Centola, Pietro Bologna principe di Camporeale, Michele Reggio balì di Malta e generale di armata, Domenico Sangro capitan-generale dell’esercito, Jacopo Milano principe di Ardore, Lelio Caraffa capitano delle guardie, e Bernardo Tanucci. Il re ebbe titolo di Ferdinando IV re delle due Sicilie e di Gerusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza e Castro, gran principe ereditario di Toscana. I reggenti allevati nelle pazienze del viceregno, quindi usati alle servitù della corte, oggi cadenti per vecchiezza, tra loro il solo Tanucci prendeva il carico degli affari ed era tenuto la mente della reggenza, del quale onore non ingelosivano gli altri perché inesperti, scevri delle ambizioni di governo, soliti obbedir lui, che per natura e non contrastata potestà si mostrava mansueto e riverente. Ajo del re lo stesso principe di San Nicandro, onesto di costume, ignorante delle scienze o lettere, unicamente voglioso di piacere all’allievo; e persuaso dal Tanucci a non alzare l’ingegno del giovine principe , meglio convenendo a re di piccolo stato godere in mediocrità di concetti le delizie della signoria.

Alla mestizia vera della reggia e della città per la partenza di Carlo succederono i segni di allegrezza per lo innalzamento del successore; il quale rimettendo le pene a parecchi delitti, fece liberi molti prigioni, assicurò più rei, e dopo ciò, con fasto e cerimonie regali assistè nel duomo agl’inni di grazie cantati nella cappella di San Gennaro. Quindi la reggenza comandò che la baronia, i magistrati, i deputati della comunità fossero in certi giorni a palazzo per riconoscere il nuovo re, e giurargli fede ed obbedienza. Tutti accorsero; e confidando ne’ ricordi del padre, nel consiglio del buon ministro,