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84 LIBRO PRIMO — 1759.

assistenti o testimonii. La imbecillità del povero infante fu descritta ed autenticata in solenne foglio, che il re quasi piangente comandò si leggesse al congresso.

Escluso Filippo, succedeva nella Spagna il secondo nato Carlo Antonio, e nelle Sicilie il terzo, Ferdinando; il quale robusto di persona, facile d’ingegno, aveva scorsi otto anni di vita, così che il re fissò in mente una reggenza per il governo del regno, e nel dì 6 di ottobre di quell’anno 1759, tenendo intorno a sè la moglie e i figli, presenti gli ambasciatori, i ministri, i destinati alla reggenza, gli eletti della città, i primi tra’ baroni, fece leggere un atto che diceva: Lui appellato dalla Provvidenza al trono della Spagna e delle Indie, rinunziare la corona di Napoli ad uno de’ figli, dovendo le due monarchie per gli accordi europei restar divise ed indipendenti. Aver destinato (poichè Filippo suo primo figlio era inabile al regno) Carlo, il secondo, a succedergli nella Spagna, e il terzo nato, Ferdinando, a’ reami delle Sicilie. Emancipar questo, cedergli le sue ragioni al trono, comandare a’ popoli di obbedirlo come re. Dare un consiglio di reggenza al re fanciullo sino all’età maggiore, ch’ei prefiniva sedici anni compiuti. La successione al trono delle Sicilie dovere andare per maschi primogeniti; tutti i casi previsti, tutte le regole stabilite. Spenta la linea maschile, sì diretta e sì collaterale, dover succedere le femmine con l’ordine dell’età; spenta la linea femminile, tornar la corona al re di Spagna, perchè la cedesse libera e indipendente al secondo nato de’ suoi figli. Pregare da Dio prosperità a questi popoli, sperare durabili le provvidenze di quell’atto, e premiare le sue fatiche di re da pace lunghissima. Ciò detto, si volse al figliuolo Ferdinando, lo benedisse, gl’insinuò l’amore de’ soggetti, la fede alla religione, la giustizia, la mansuetudine, e snudando la spada (quella stessa che Luigi XIV diede a Filippo V, e questi a Carlo) ponendola in mano del nuovo re, e dandogli per la prima volta nome di maestà, tienla, disse, per difesa della tua religione e de’ tuoi soggetti. Segnarono l’atto riferito di sopra Carlo, poi Ferdinando. Gli stranieri presenti riconobbero il novello re, e que’ del regno gli giurarono fede. Carlo, nominata la reggenza, prescrisse ch’ella governerebbe, partito lui per le Spagne. Ripetè i voti di comune felicità, e uscì lodato e benedetto.

LX. Si apprestò nel giorno medesimo a partire. Aveva registrato i conti del suo regno, e lasciati al figlio precetti e ricordi, non invero ingegnosi ma prudenti e benigni. Nulla portò seco della corona di Napoli, volendo descritte e consegnate al ministro del nuovo re le gemme, le ricchezze, i fregi della sovranità, e per fino l’anello che portava in dito da lui trovato negli scavi di Pompei, di nessun pregio per materia o lavoro, ma proprietà, egli diceva, dello stato;