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LIBRO PRIMO — 1748. 79

ne’ campi è raro ingegno di capitano. Per la strategia sono più rare le battaglie, meno importanti le fortezze, corte le guerre,

Ma nel 1748 altre necessità costringevano a finire la guerra; la stanchezza de’ governi, la diminuita forza degli eserciti, la spacciata finanza, e pur direi la misera condizione de’ popoli se di questa si tenesse conto ne’ consigli de’ re e nei computamenti della politica: mezzo milione di nomini avea consumati la guerra, sette mila navi mercantili predate, mezza Germania, mezza Italia, e molto delle Fiandre, campeggiate e spogliate; innumerabili fortezze conquassate, città distrutte. I re contrarii bramarono la pace, e adunato congresso di ministri in Aquisgrana, se ne fermarono i preliminari che a’ 18 di ottobre di quell’anno; per le ratificazioni de’ re guerreggianti, divennero patti di pace durevole. Io riferirò le sole cose che riguardavano a permanenti dominii dell’Italia. Tutti gli stati tornassero come innanzi la guerra: il re di Sardegna possedesse Vigevano e parte del Pavese e del contado di Anghiera, secondo i trattati di Vormazia: il duca di Modena riavesse gli stati suoi d’Italia. ’l prezzo de’ feudi per la guerra perduti in Ungheria: don Filippo, infante di Spagna, secondo nato di Filippo V da Elisabetta Farnese, avesse i ducati di Parma, Piacenza e Guastalla; ma da rendere a’ presenti possessori quando mai don Filippo morisse senza figli e ’l re di Napoli ascendesse al trono delle Spagne: la repubblica di Genova rimanesse qual era. Delle Sicilie non facendo parola, restavano confermate al re Carlo. Di guerra così lunga e sanguinosa due sole geste rimangono perpetuate nella storia; e non sono battaglie vinte, o valore o felicità de capitani, ma virtù civili de’ popoli, cioè la fedeltà e gli sforzi dei Napoletani a sostegno del proprio re, e l’impeto mirabile de’ Genovesi ad abbattere la tirannide di gente inumana e straniera.

Rimanendo in Italia non leggero sospetto di future contese per il dominio della Toscana tra ’l imperatore Francesco e ’l re di Napoli, prevenne le guerre il pensiero di doppio matrimonio che facesse col tempo regina delle due Sicilie una figliuola della casa d’Austria, e gran duchessa di Toscana una principessa di Napoli; allora semplici proposte, più tardi effettuate. Altra controversia per l’isola di Malta surse e cadde, come brevemente dirò. Dopo la perdita di Rodi Carlo V diede a’ cavalieri rodinni l’isola di Malta in feudo del regno delle due Sicilie, al cui re dovesse l’ordine in ogni anno, per segno di tributo, mandare un falco, ed alle vacanze della sede vescovile proporre, per la scelta di uno, tre candidati. mostre di vassallaggio, per duecento e più anni trasandate, Carlo rinvigorire; ma opponendosi il gran maestro dell’ordine, fu rotto il commercio con Malta, le commende sequestrate nelle due Sicilie. Il gran maestro invocò l’autorità e l’opera del papa, che