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64 LIBRO PRIMO — 1744.

centino, chiaro per matematiche dottrine e per ingegno; molte navi inglesi obbedivano a Lobkowitz, le proprie navi a Carlo. Prevaleva per numero l’esercito borboniano, per grido l’alemanno, Questo accampava in due linee lungo la sinistra riva del Tronto, ed aveva innanzi, come ho detto altrove, ardita mano di cavalieri e fanti che, menati dal generale Broun, campeggiavano pazzamente la diritta del fiume. Qui stavano in prima linea le squadre spagnuole, ed in seconda ed in riserva le napoletane. Il re aveva poste fe sue stanze in Castel-di-Sangro. Era il verno al declinare, Lobkowitz aspettava i tumulti del regno, e Carlo i benefizii del tempo, cioè scarsezza di viveri nel campo nemico, malattie, discordie. Stavano gli eserciti come in riposo.

XLII. Ma Lobkowitz, spinto dalle persuasioni del conte Thun ambasciatore di Cesare in Roma (vescovo caldo di guerra, capo delle infelici trame del regno) e necessitato da’ comandi della sua regina, ruppe le dimore e si apprestò agli assalti. L’entrata per gli Abruzzi era difficile perchè rotte le vie, i monti coperti di neve, povero il paese, il nemico in presenza. Preferendo le strade per Ceperano e Valmontone, memorabili nelle passate conquiste di Napoli, chiamò a sè il Broun, e, abbandonate le regioni del Tronto, si avviò verso Roma. Carlo il sapeva innanzi per lettere del cardinale Acquaviva suo legato presso l’apostolica sede; il quale, scaltro e largo ne’ doni, era informato de’ disegni de’ Cesarei dapoi che trovò nella casa del Thun chi gli tradisse i segreti del suo signore. Partito l’esercito alemanno, mosse quello del re, il primo per le molte vie dell’Umbria, il secondo per Celano e Venafro. Le apparenze della guerra mutarono, però che sembrando fuggitivi gli Alemanni, tanto animo si alzò ne’ contrarii, che allegri e tumulluanti dimandavano a Carlo di combattere. Procedendo gli eserciti secondo i proprii disegni, il conte Lobkowitz fece in Roma ingresso ambizioso, quasi trionfale, perciocchè il papa è la plebe lo accolsero come felice in Italia, e come già incontrastabile conquistatore dei vicini reami delle Sicilie; tanto l’aspetto grande e feroce dei suoi Germani, il vestito barbarico, il parlar nuovo, parevano segni e promesse di vittoria. Ma non così certo era il capitano che lento e cauto s’inoltrava, così che potè Carlo giugnere alla frontiera e, trasandando i rispetti di pusillanime coscienza e le domande o preghiere del pontefice, guidar le schiere nelle terre papali. Alcuni drappelli ungheresi, altri borboniani esplorando il cammino volteggiavano; raramente o non mai combattevano.

Stando il re con buona parte dell’esercito su la strada di Valmontone seppe dalle sue vedette vicino e potente il nemico; non erano gli ordini disposti a battaglia; non arrivate le artiglierie, le strade per recente pioggia difficili, il terreno impraticabile. Ma più po-