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LIBRO PRIMO — 1739-41. 59

non fa maraviglia che la finanza fosse mal regolata nel 1740, se a’ dì nostri in nessuno stato de’ più civili si vede ordinata del tutto con le regole della scienza e dell’utile universale. Frattanto il concordato, il catasto, il senno di Carlo, la parsimonia del Tanucci, fecero contento il popolo e così copioso l’erario, che soperchiando a’ bisogni bastasse a monumenti di grandezza.

XXXVIII. Ma però che breve o interrotta suole essere la felicità di un regno, sorse nuova guerra, e per essa nuovi pericoli e maggiori spese. Sin dall’anno 1737 era morto Gian-Gastone gran duca di Toscana, ultimo della casa Medicea, e spenta in lui la invilita famiglia. Filippo V e Carlo re di Napoli si chiamarono eredi al trono di Toscana; nudo titolo che non mosse alla guerra gli altri re pretendenti. Ma tre anni appresso, nel 1740, morto l’imperatore Carlo VI, si ridestò la sopita ambizione di Filippo V agli stati di Milano, Parma e Piacenza. Elisabetta sua moglie, accendeva gl’impeti del re per insazietà d’impero e per dare un trono al secondo figlio don Filippo. Era quel re di Spagna infingordo, crudelmente divoto, trascurante di governo, vario, timido, sospettoso; ma cupido di trattar la guerra per ministri. Perciò collegarsi co’ nemici della regina di Ungheria Maria Teresa figlia del morto imperatore Carlo VI, apprestare eserciti, spedirne in Italia, comandare al figlio re di Napoli di unire alle schiere spagnuole quante più potesse de’ suoi reamî, armare e muovere numeroso navilio, spandere editti, empire del grido di guerra l’Italia e l’Europa, furono concetti di un giorno, opere di breve tempo.

Gli eserciti spagnuoli retti dal duca di Montemar e dodici mila Napoletani dal duca di Castropignano si unirono a Pesaro sotto il sommo impero del Montemar. Alemanni e Savojardi, tumultuariamente radunati nella Lombardia, comandati dal conte di Lobkowitz andarono incontro al nemico. Benchè uguali le forze, uguali speranze, incerte le fortune delle due parti, pure gli Alemanni andavano arditamente, gli Spagnuoli si arrestarono a Castelfranco. E però che il duca di Modena si era accostato alle parti di Spagna, fu presa da Lobkowitz la sua città, occupata Reggio, espugnata Mirandola, ridotte Sesto e Monte-Alfonso: poco restava del ducato; e ’l Montemar, timido e lento, non soccorreva l’infelice alleato; è quasi in presenza numerando i colpi del nemico, stava come spettatore delle rovine. Alfin mosse come fuggitivo d’innanzi a Lobkowitz.

XXXIX. In quel tempo navilio inglese che il commodoro Marteen dirigeva entrò nel golfo di Napoli; e non facendo i consueti saluti a porto amico, spedì ambasciatore che ad un ministro di Carlo disse: «La gran Brettagna confederata dell’Austria, nemica della Spagna, propone al governo delle Sicilie neutralità nelle guerre