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LIBRO PRIMO — 1739-41. 57

ecclesiastiche. gli esattori delle decime, i servi, i coabitanti, le stesse (un tempo) concubine de’ preti.

La corte di Roma per amore di Carlo e per buon consiglio di serbarsi amico re fortunato e vicino, concordò che scemassero le tre specie di immunità. Gli antichi beni della Chiesa d’allora innanzi pagassero la metà de’ tributi comuni; i nuovi acquisti l’intero: il censo dello stato separasse dal patrimonio del clero le proprietà laicali confuse in esso per malizia o errore; le franchige fossero ridotte; i favori d’uso rivocati. Si ristringesse alle chiese l’asilo, che rimarrà per pochi falli e leggieri. Definito lo stato ecclesiastico e ridotte le immunità personali, la giurisdizione vescovile fosse circoscritta; la secolare di altrettanto ampliata: accresciute le difficoltà per le ordinazioni e le discipline de’ cherici a ristrignere il numero de’ preti. Un tribunale chiamato misto (perchè di giudici ecclesiastici e laici) decidesse le controversie che nascessero del concordato.

Le speranze de’ sapienti e de’ liberi pensatori furono in parte appagate, in parte deluse. Della investitura, della chinea, de’ donativi, de’ benefizii sul patrimonio ecclesiastico, de’ vescovadi da ridurre, de’ preti e frati da minorare, della piena abolizione degli asili, come del foro ecclesiastico e delle immunità, e, per dirla in breve, de’ maggiori interessi della monarchia non si fece parola nei patti o nelle conferenze del trattato. Abbondava l’animo a’ negoziatori napolitani; mancava la speranza del successo. Lo stesso popolo, lo stesso Carlo re, que’ medesimi che traevano benefizio dall’assoluta libertà, ignoranti o divoti, non la bramavano.

XXXVI. Il concordato diede motivo e principio a più grandi riforme: il governo interpretando, estendendo, e talora soprausando que’ patti, ordinò la giurisdizione laicale; restrinse le ordinazioni de’ preti a dieci per mille anime; negò effetto alle bolle papali non accettate dal re; impedì nuovi acquisti; bandi impotenti le censure dei vescovi. se i regnicoli vi incorressero per adempimento di leggi o di comandi del principe. Tutte o presso che tutte le contese erano decise a pro de laici, tutte le licenze del clero punite. Due padri di alto grado nell’ordine loro si opposero in causa di asilo al giudice del luogo; Carlo, fatti estrarre per forza dalla chiesa i rifugiati, sfrattò dalla provincia ignominiosamente i due frati. Devota famiglia di Abruzzo ergè chiesa in voto al santo patrono dell città; e poichè legge di Carlo vietava fondar nuove chiese senza regia permissione, comandò che quella fosse data ad uso civile o abbattuta: ma zelo di religione non permettendo alla pia famiglia mutar destino all’edifizio, fu per pubblico esempio demolita. Negò licenza di fondar nuovi collegi di gesuiti; e per le troppe insistenze e superbia dell’ordine, rammentando il voto di povertà,