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LIBRO PRIMO — 1734. 47

ranze o sterili sospiri nemicizia e reità di stato. Della giunta di Napoli era giudice tra molti Bernardo Tanuccci, sconvenevole officio al grado e al nome, ma le prime ambizioni sono cieche.

T seggi della città, invitati, come indietro ho detto, e adunati a consiglio per proporre l’abolizione di alcune imposte, grati a Carlo ed ambiziosi, pur confessando il non soffribile peso delle presenti taglie pregavano a mantenerle; e di più a gradire gli universali sforzi nel donativo che offrivano di un milione di ducati. Così veniva frodato il comun bene dagli affetti ed interessi di quel solo ceto che mal rappresentava L’intero reame: avvegnachè il re per i bisogni della vicina spedizione di Sicilia, rendè grazie al consiglio, confermò le taglie, accettò il dono; e poco appresso que’ medesimi seggi imposero alla nazione gravezze nuove. I quali falli, troppe volte ripetuti ora da’ senati, ora da’ consigli de’ re, ora da’ ministri, generarono nel popolo il desiderio di tal cosa che fosse efficace nell’avvenire ad impedirli. E questo mi è piaciuto accennare su gli inizii della mia fatica per far procedere insieme co’ fatti la dimostrazione che i sociali sconvolgimenti sempre muovono da remote cagioni, crescono inosservati, e si palesano quando sono irrevocabili. Dimostrerà questa istoria (se la vita e le forze basteranno a’ concetti) che le opinioni, i bisogni, le opere, le rivoluzioni de’ Napoletani furono effetti necessarii delle presenti vicissitudini; e che la sapienza di governo consiste nel discernere in ogni tempo il vero stato di un popolo, non confidando in certe false specie di libertà o di obbedienza.

XXVIII. L’impresa di Sicilia fu stabilita e apprestata. Era in quell’isola vicerè per lo Impero il marchese Rubbi; e però che l’idea della guerra (contrastare al nemico per assedii) era comune ai due regni, reggeva la cittadella e i forti di Messina il principe di Lobkowitz, la fortezza di Siracusa il marchese Orsini di Roma, quella di Trapani il generale Carrera: pochi Alemanni guardavano il castello di Palermo e gli altri dell’isola. Il popolo ubbidiente a Cesare, desiderava Carlo per consueta voglia di novità e perchè l’odio a Tedeschi è antico e giusto nelle genti d’Italia. Era l’esercito spagnuolo pronto a muovere di quattordicimila soldati, fornito di artiglierie e di altri strumenti di campo e di assedio; molte navi correrebbero i mari dell’isola; duce supremo e vicerè per Carlo sarebbe il duca Montemar; duci minori, il conte di Marsillac ed il marchese di Grazia Reale; i popoli si speravano amici, la fortuna seconda. L’armata salpò da’ porti di Napoli e Baja il 23 di agosto di quell’anno 1734. A mezzo corso divisa, Montemar volse le prue a Palermo, Marsillac a Messina. Quando in Palermo si scoperse il navilio di Spagna, il vicerè imbarcò per Malta; i Tedeschi si chiusero nel castello; e il popolo, sciolto da’ freni della fedeltà e del