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38 LIBRO PRIMO — 1734.

primi tra i nobili. Compose oltracciò la guardia civile nella città capo, e nelle maggiori del reame; formò un reggimento di Napoletani volontarii o ingaggiati per cura e spese del duca di Monteleone Pignatelli; e alla fine chiamando alla milizia i prigioni e i fuggiaschi rei di delitti, pose le armi in mano a’ regnicoli o buoni o tristi.

Continua presunzione delle tirannidi! volere i soggetti, schiavi a servirle, eroi a difenderle; scordando che la natura eterna delle cose, presto o tardi, nella persona o nella discendenza, a prezzo di dominii o di sangue, fa scontare a’ tiranni le praticate crudeltà sopra i popoli.

Le cose fin qui comandate dal Visconti erano inopportune o non bastevoli, ma oneste: seguirono le peggiori. Alcuni tra nobili, che ne’ consigli avevano parlato liberamente a pro dello stato, furono per suo volere, senza giudizio, senza esame, come ad innocenti si usa, confinati nella Germania: molto denaro privato deposto ne’ banchi o ne tribunali per liti civili, fu incamerato dal fisco: la città, minacciata, sborsò ducati centocinquantamila. E fra tante violenze pubbliche riuscivano più odiose le cortesie agli ecclesiastici: pregati a soccorrere il governo, chi poco diede, chi tutto negò senza patir forza o rimprovero. La viceregina, ed era inferma, si partì con la famiglia cercando ricovero in Roma. Gli archivii della monarchia furono mandati per sicurezza in Gaeta e Terracina. Il vicerè, egli stesso, faceva segreti apparecchi di lasciar la città. Fra tante sollecitudini passavano i giorni.

XXII. L’esercito spagnuolo procedendo traversò gli stati di Roma senza che l’Infante entrasse in città, pregato dal pontefice ad evitargli contese cogli ambasciatori di Cesare: e per la via di Valmontone e Frosinone toccava quasi la frontiera del regno, Ma prima ch’ei giungesse, altre armi sue posero il piede nelle terre di Napoli. Il conte Clavico ammiraglio dell’armata spagnuola, salpata da’ porti di Longone e di Livorno, arrivò con mostra potentissima di navi avanti alle isole di Procida e d’Ischia le quali si arresero; però che poco innanzi, per provvido consiglio del governo, erano state quelle isole, impossibili a difendere, sguarnite di presidii. Gl’isolani, accolto lietamente il vincitore, giurarono fedeltà all’Infante. Le navi spagnuole, scorrendo e combattendo lungo i lidi della città, accrebbero, secondo il variar delle parti, le speranze o i timori.

Cominciando le pratiche fra i Napoletani e gli uffiziali di quelle navi, si sparsero in gran copia nella città gli editti di Filippo V e di Carlo. Diceva Filippo aver prefissa la impresa delle Sicilie per amore de’ popoli oppressi dalla durezza ed avarizia tedesca; ricordare gli antichi festevoli accoglimenti; credere (fra le contrarie apparenze o le necessità del governarsi) stabile a lui la fedeltà de soggetti, e, se mutata, perdonare i falli e i tradimenti, confermare i