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LIBRO PRIMO — 1734. 35


All’arrivo del re Carlo Borbone la sede apostolica pretendeva sopra i re e di regni arrogantemente come a’ tempi di Gregorio VII: ma, scema di moral potenza, sostenevasi, come ho detto, per gran numero di ecclesiastici e smisurate ricchezza; appoggi mondani, solamente saldi tra viziose generazioni.

XVIII. Stringerò in poche sentenze le materie discorse in questo capo. Era la Chiesa tuttavia potente di forze temporali; le credenze de’ popoli alla religione, ferme o accresciute; a’ ministri di lei ed al pontefice, addebolite. La feudalità intera, i feudatarii spregevoli, la milizia nulla, l’amministrazione insidiosa ed erronea. La finanza spacciata, povera nel presente, peggio per l’avvenire; i codici confusi, la curia vasta, intrigante, corrotta; il popolo schiavo di molti errori, avverso al caduto governo, bramoso di meglio. Perciò, bisogni, opinioni, speranze, novità d’impero, interesse di nuovo re, genio di secolo, tutto invitava alle riforme.

CAPO SECONDO.

Conquista delle Sicilie dall’infante Carlo Borbone.

XIX. Carlo nacque di Filippo V e di Elisabetta Farnese, l’anno 1716, nella reggia di Spagna fortunata e superba, in secolo di guerre e di conquiste. Primo nato ma di nozze seconde, non avea regno. L’altiera genitrice che mal pativa la minor fortuna de’ figli suoi, potente per ingegno sopra lo stato ed il re, ardita nelle sventure, pieghevole alla mala sorte, ottenne al suo infante per pronte guerre ed opportune paci la ducal corona di Toscana e di Parma. E nel 1733, a motivo o pretesto di dare un re alla Polonia, sollevate le speranze di lei, mosse gli eserciti e le armate per conquistar le Sicilie. Il giovine Carlo godeva in Parma i piaceri di regno, quando lettere patenti di Filippo, segrete della regina, lo avvisarono di nuovi disegni, e de’ nuovi mezzi potenti di successo. La Spagna, la Francia, il re di Sardegna erano collegati contro l’Impero: poderoso esercito francese, retto da Bervik, passava il Reno; altri Franco-Sardi sotto Villars scendevano in Lombardia: fanti spagnuoli sbarcavano in Genova, e cavalieri e cavalli andavano per terra ad Antibo; forte armata e numerosa dominava i mari dell’Italia: le forze spagnuole sarebbero dirette dal conte di Montemar, ma, per fama e dignità del nome, sotto il supremo impero dell’infante don Carlo. Erano speranze di quella impresa vincere i cesarei oltre il Reno, cacciarli di Lombardia, conquistar le Sicilie: «Le quali, alzate a regno libero (scriveva la madre al figlio) saran tue. Va dunque, e vinci: la più bella corona d’Italia ti attende.»

Era Carlo in quella età (17 anni) che più possono le ambizioni