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LIBRO PRIMO — 1720-24. 27

nelle contese de’ re, e meritata se lo fece non a sostegno di massime civili, ma per ambizione o guadagno.

Le due Sicilie si unirono sotto l’impero di Carlo VI, che nominò vicerè nell’isola il duca di Monteleone, ed in Napoli il conte Gallas dopo il conte Daun richiamato. Morto il Gallas, gli succede il cardinale di Scrotembach. E poichè nell’anno 1721 morì Clemente XI e fu eletto Innocenzo XIII, il nuovo papa, vedendo declinata la fortuna e la potenza di Filippo V, non dubitò di concedere al felice Carlo VI la domandata investitura de’ due regni. A questo Innocenzo nell’anno 1724, Benedetto XIII successe,

IX. In dieci anni, dal 1720 al 30, non avvenne in Napoli cose memorabili, fuorchè tremuoti, eruzioni volcaniche, diluvii e altre meteore distruggitrici. Ma nella vicina Sicilia, l’anno 1724, fatto atroce apportò tanto spavento al regno, che io credo mio debito il narrarlo a fine che resti saldo nella memoria di chi leggerà; e i Napoletani si confermino nell’odio giusto alla inquisizione, oggidì che per l’alleanza dell’impero assoluto al sacerdozio, la superstizione, la ipocrisia, la falsa venerazione dell’antichità spingono, verso tempi e costumi abborriti, e vedesi quel tremendo ufizio, chiamato santo, risorgere in non pochi luoghi d’Italia, tacito ancora e discreto, ma per tornare, se fortuna lo ajuta, sanguinario e crudele quanto ne tristi secoli di universale ignoranza.

Andarono soggetti al santo-uffizio, l’anno 1699, frà Romualdo laico agostiniano, e suora Geltrude bizzoca di san Benedetto: quegli per quietismo, molinismo; eresia; questa per orgoglio, vanità temerità, ipocrisia. Ambo folli, però che il frate, con le molte sentenze contrarie a dogmi o alle pratiche del cristianesimo, diceva ricever nngeli messaggieri da Dio, parlar con essi, esser egli profeta, essere infallibile: e la Geltrude, tener commercio di spirito e corporale con Dio, essere pura e santa, avere inteso dalla vergine Maria non far peccato godendo in oscenità col confessore; ed altri assai sconvolgimenti di ragione. I santi inquisitori ed i teologi del santo-uffizio avevano disputato più volte con quei miseri, che ostinati, come mentecatti, ripetevano delirii ed eresie. Chiusi nelle prigioni, la donna per 15 anni, il frate per 18 (attesochè gli altri sette li passò a peniteaza ne’ conventi di san Domenico) tollerarono i martorii più acerbi, la tortura, il ftagello, il digiuno, la sete; e alla per fine giunse il sospirato momento del supplicio. Avvegnachè gl’inquisitori condannarono entrambo alla morte, per sentenze confermate dal vescovo di Albaracin stanziato a Vienna, e dal grande inquisitore della Spagna; dopo di che il devoto imperatore Carlo VI comandò che quelle condanne fossero eseguite con la pompa dell’atto-di-fede. Le quali sentenze amplificavano il santissimo tribunale,