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332 LIBRO QUINTO — 1805.

letani non vorranno partecipare alle colpe di una corte che ha sempre tradito i loro interessi, non resterà per noi altra gloria che la disciplina.»

Si leggevano quei fogli. 11 cardinale Fabrizio Ruffo, già capo della santa fede, mandato al principe Giuseppe e male accolto, proseguì verso Parigi; e la corte di Napoli temendo che il nome dell’ambasciatore avesse nociuto all’accoglienza dell’ambasciata, inviò il duca di Santa Teodora, nome nuovo e senza parti. Fu accolto; ma quando espose che il re aveva mancato alla neutralità con a Francia sol per forza patita da’ Russi e dagli Inglesi ({menzogna grossolana e manifesta), il principe francese ruppe l’udienza, dicendogli: rimanesse o partisse a suo bell’agio, ma col divieto di parlargli di accordi. Santa Teodora tornò in Napoli, e narrando le udite o viste cose, ebbe comando di aspettare presso a Giuseppe qualche opportunità per la pace. Procedendo le colonne francesi e quasi toccando la frontiera del regno, non rimaneva speranza che nel popolo.

Sorgeva nella città presso al mare su la riva di Chiaja piccola cappella votiva a sant’Anna, in antico scordata, chiusa, bruttata d’immondizie all’intorno, casolare deserto piuttosto che tempio; ma per il tremuoto di quell’anno, descritto in questo libro, salì nelle credenze a tanta santità che i devoti ne allargarono le pareti, le cuoprirono di presenti, ed andavano a folla ne’ dì festivi a pregare e cantar inni. A quella cappella si condusse aspettata la regina con la famiglia, tutti a piedi processionando vestiti a bruno, con altri segni di penitenza e di dolore, portando in mano ricchi doni al santuario. Popolo immenso la seguiva, ma lo scopo mancò; imperciocchè la regina che memore del valore di quelle genti nell’anno 1799, sperava di concitarle a simile guerra, osservò che al grido, viva il re, muojano i Francesi, di persone apprestate, seguiva silenzio degli astanti, o voce divota per sant Anna. Ne’ medesimi giorni tornavano dalle province i commissarii dei tentati sollevamenti riportando che le concette speranze erano cadute, la plebe indifferente ai travagli della reggia, e i possidenti armati per impedire il rinnovamento de’ disordini del 99. Più largo alle promesse era stato il brigadiere Rodio, e più sincero e sollecito fu al disinganno; il solo frà Diavolo attruppò duecento tristi ed andava con essi correndo e rapinando le sponde del Garigliano.

Sorte irreparabile percoteva la casa de’ Borboni: fuggire, lasciare il regno, scampar la vita in Sicilia, sperare nelle mutabilità del tempo e della fortuna, erano le necessità di quei principi. Il re, il 23 di gennaro del 1806, si partì alla volta di Palermo, lasciando vicario del regno il figlio primo nato principe Francesco. Furono intanto sguerniti di milizie i confini per accamparle intorno a Napoli, sciolti gli attruppamenti volontarii, nudato di guardie tutto il