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330 LIBRO QUINTO — 1805.

già succeduta la pace di Presburgo, stessero le milizie napoletane a documento di ostilità, su le frontiere del regno, pronte con gl’Inglesi a prorompere negli stati d’Italia. Le quali stultizie traggono cagioni dall’odio cieco de’ sovrani di Napoli alla Francia, e dall’arrendevole servitù dei ministri, e da ignoranza comune.

XXXI. L’esercito di Saint-Cyr destinato a conquistar Napoli era forte di trentaduemila combattenti; ma stando in cammino, lo raggiunsero altre schiere, e duce sopra tutte il maresciallo Massena, il quale in tre colonne, una del centro di quindicimila soldati, altra di sinistra di dodicimila, e la terza di diecimila Italiani, procedeva a gran giornate verso il regno. Veniva con l’esercito, portando nome di principe dell’impero e luogo-tenente dell’imperatore dei Francesi, Giuseppe Bonaparte fratello a Napoleone; sì che celeremente avanzavano la vendetta, la conquista e nuovo re. I generali russi ed inglesi, agli annunzii che succederono rapidamente della presa di Vienna, della battaglia d’Austerlitz, della pace di Presburgo e del vicino al regno esercito francese, convenuti a consiglio nella città di Teano, deliberavano se difendere Napoli o abbandonarlo. Lasey e Greig erano per il secondo partito; Andres, generale russo, rammentando i patti della lega, la fidanza in essa del re di Napoli, la perdita certa del trono se fosse in quei cimenti abbandonato, la viltà e l’onta di fuggire innanzi a nemico non visto, il discredito al nome de’ sovrani di Russia e d’Inghilterra per aver volte le spalle nel bisogno maggiore a principe piuttosto sedotto che venuto libero all’alleanza, e per altri generosi argomenti, proponeva restare se non a vincere, a combattere, e se non a serbare il regno a’ Borboni, a pagare il debito dell’amicizia. Ma prevalendo la sentenza de’ primi, Andres replicò: «La storia dirà che io sedeva tra voi, ma che fu il mio consiglio contrario al vostro.» E difatti la giusta dispensiera del biasimo e della lode ha in questa pagina registrato il magnanimo intendimento dell’oratore.

Lasey scrisse al generale Damas, secondo nel comando de’ Napoletani, che, non potendo difendere con poco esercito tutta la frontiera del regno, andrebbe egli ad accampare nelle terre tra Gravina e Matera. Indi a pochi giorni l’ambasciatore di Russia denunziò al governo di Napoli: «Dovere le schiere moscovite uscire dal reame di Napoli, intendersi (aggiungendo al mancamento il dileggio) ristabilita la neutralità tra la Francia e le due Sicilie.» Nè andò guari che Inglesi e Russi, abbandonando gli accampamenti delle frontiere, bruciando il ponte di barche sul Garigliano, marciando co’ modi e le ansietà del fuggire, imbarcarono ne’ porti della Puglia, i Russi per Corfù, gl’Inglesi per Sicilia. E cotesti Inglesi, tornando dalla frontiera, tentavano d’impadronirsi, sotto specie di amicizia, della fortezza di Gaeta; ma il generale che la comandava,