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LIBRO QUINTO — 1805. 327


XXX. Bonaparte vincitore in Baviera, e già inteso dell’arrivo de Russi nella Moravia, ordiva il proseguimento della guerra; e quindi radunate in Monaco le sue legioni, le spediva per direzioni varie sopra base novella, donde poscia movendo per linee convergenti di operazione accennavano a Vienna; rincorava e rallegrava le sue genti nelle rassegne, che alla voce di libertà (magica ne’ Francesi per tre lustri) era già succeduta la voce di gloria, ed a quella di patria, Bonaparte. Le milizie di Wurtemberg e di Baden si unirono a’ Francesi, altre di Francia raggiungevano l’esercito; mossero perciò di Baviera ottanta mila combattenti. I resti dell’esercito austriaco acceleravano la ritirata, e spesso i retroguardi erano presi o sconfitti. Ma giungeva in Austria il dì 28 di ottobre la prima colonna de’ Russi; e su le rive dell’Inn, con alcuni battaglioni e squadroni il generale supremo Kutusow, noto nelle guerre di Russia, millantatore e superbo, che tenendo certa la vittoria dispregiava i Francesi, peggio i Tedeschi, e per arte o natura vantava quell’orgoglio a’ soggetti.

Credendo debole la linea dell’Inn, accampò dietro all’Ens; e benchè accresciuto della seconda colonna, lasciò quei campi per attendere sopra i colli di Amstetten che guardano e difendono la città di Vienna. Pure in Amstetten assalito e vinto, desertò il campo, e valicando il Danubio lasciò Vienna preda facile al vincitore; sì che l’imperatore Francesco, uscendone colla famiglia, bandì saggio editto che imponeva ai popoli, non già resistenza inutile e rovinosa (come vedemmo in altri regni), ma ubbidienza al vincitore, e sempre durevole amore alla patria, alla indipendenza e al sovrano dato da Dio. Chi leggesse le costituzioni dell’Austria o giudicasse di lei dai paesi vinti, crederebbe sfortunati e scontenti i suoi popoli; ma chi vivendo in Austria meglio consideri la natura dei principi, ta natura dei popoli, l’amore veramente paterno dei primi, la filiale sicurezza degli altri, la polizia troppa ma giusta, il codice criminale barbaro ma sincero, le pene, benchè aspre, conformi al sentir tardo di quelle genti, e poi lo studio de’ magistrati di piacere al popolo, la povertà soccorsa, l’agiatezza comune, il viver lieto, e cento altre municipali usanze fondamento di civiltà; cessa la meraviglia di veder popolo, beato de’ suoi legami, correre volontario alta guerra dietro la voce dell’imperatore che paternamente lo invita. Debbesi a questa politica simpatia dei sudditi e del principe il miracolo, nel passato, di aver sostenuta mole sì grande di eserciti e di sventure, e nel presente la concordia, sola in Europa, dei soggetti e dei reggitori. Chè dal dominio assoluto, ma di padre o di principe benignamente riformatore, può derivare (per quanto dura il bisogno di passiva ubbedienza) stato comportabile o felice, come l’essere go-