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308 LIBRO QUINTO — 1801.

tenimento di quegl ingrati presidii, chiamò nuovo perdono la liberazione de’ prigionieri e l’entrata degli esuli, rivocò i tribunali di maestà; con pompa ridevole di clemenza, perciocchè i patti dell’ armistizio e della pace andavano per le bocche del volgo, e non era creduto, abbenchè si dicesse occasione a quelle grazie l’arrivo in Napoli del principe Francesco e della principessa Clementina. Venivano intanto a folla i fuorusciti, e dimandavano la restituzione delle proprietà incamerate alla finanza, vendute in parte, e in parte amministrate dal marchese Montagnano, uomo rigido e ingiusto, che per interminabili trovati ritardò di alcuni anni il pattuito rendimento, ed alfine rese i beni scemi e sfruttati.

XXIII. Mentre in Italia sucecedevano le deseritte cose morì strangolato nella sua reggia l’imperatore delle Russie Paolo I, e si sciolse per quella morte l’alleanza marittima del Settentrione, fermata poco innanzi e detta quadruplice, perchè a danno della Inghilterra la componevano la Russia, la Prussia, la Svezia, la Danimarca; il successore a Paolo, Alessandro I, non volle guerra ne’ principii del regno, e mostravasi avvererso a Bonapartie quanto il padre gli fui proclive; serbò intere le amicizie con la casa di Napoli, e le accertò per lettere ed ambascerie.

Così, finita la guerra marittima del Settentrione, altre paci si strinsero tra la Francia e la Spagna e la Russia e il Portogallo. L’esercito francese nell’Egitto, dopo nuove battaglie, e la spietata morte del generale Kleber, l’imperio debole del successore generale Menou, stretto dalle armi inglesi e turche, impoverito di vettovaglie, disperato di soccorsi, capitolò; e tornando in Europa lasciò in pace quella parte del mondo. Il primo console propose al papa un concordato, e fu gradita l’offerta. Bonaparte con quell’atto pacificava le coscienze,. e (ciò che più gli premeva) le nemicizie di vasto numero di Francesi; e ’l papa rialzava gli altari e il nome e l’autorità pontificia ne’ credenti e superstiziosi. Furono quindi piane le conferenze, nelle quali comparve Roma umile e concedente, la Francia quasichè imperante: Bonaparte dotto di politica, il papa scaltro.

La Toscana, ceduta per la pace di Luneville, fu data al duca di Parma, che, preso il nome di Lodovico I re di Etruria, venne a Firenze. L’isola d’Elba, i Presidii di Toscana e il principato di Piombino, ceduti peri trattati di Luneville e di Firenze, andarono alla Francia;: ma ne impediva il possesso la Inghilterra, la quale, alimentando la scontentezza degli Elbani, rinforzava le difese di Porto Ferrajo per incitamenti, danaro ed armi. Gli abitatori dell’isola inchinevoli alla quiete, ma fedeli e divoti al buon principe Ferdinando III tumultuavano contro i nuovi dominatori, e cinquecento soldati di Toscana guardavano la fortezza di Porto Ferrajo sotto il colonnello Fisson, d’origine torenese, di vecchia età oltre