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LIBRO QUINTO — 1800. 299

riscatto quel servizio, ero al grado, per essi abbietto, di soldato.

E più, la reggia fu rallegrata perchè nacque da Maria Clementina e da Francesco un principe erede al trono, cui si diede il nome dell’avolo, Ferdinando. La principessa dopo il parto aspettando, come i costumi della regal casa, visita del re, preparò atto benigno che importa descrivere a parte a parte, a memoria e meraviglia dei secoli futuri. È pietosa costumanza della famiglia dei re di Napoli concedere per la ventura di quei natali, a dimanda della principessa, tre grazie splendide e grandi; ma colei, per meglio accertare il successo e palesare l’ansietà del suo desiderio, strinse le tre grazie in una, per la misera Sanfelice, la quale giorni avanti sgravatasi di un bambino, stava tuttora in carcere aspettando che le tornassero le forze per tollerare il viaggio da Palermo a Napoli, dove la condanna di morte si eseguiva. Un foglio contenente la supplica di lei e le preghiere della principessa fu posto tra le fasce dell’infante, cosi che il re lo vedesse; e difatti quando egli andò a visitar la nuora, ed allegro e ridente teneva su le braccia il bambino, lodandone la beltà e la robustezza, vide il foglio e dimandò che fosse. «È grazia, disse la nuora, che io chiedo; ed una sola grazia, non tre, tanto desidero di ottenerla dal cuore benigno di vostra maestà. Ed egli sorridendo sempre, «Per chi pregate? — Per la misera Sanfelice.... » e più diceva, ma la voce fu tronca dal piglio austero del re, che mirandola biecamente, depose, o quasi per furia gettò l’infante su le coltri materne, e senza dir motto uscì dalla stanza, nè per molti giorni vi tornò. La severità di lui, la pietà disprezzata, il caso acerbo, trassero dagli occhi della principessa lacrime dolorose ed incaute. La preghiera fu ricordo al re, e la misera Sanfelice, mal sana, mandata in Napoli, ebbe il capo reciso dal carnefice nella piazza infame del Mercato; quando già per il perdono del 30 di maggio erano quei supplizii disusati; e innanzi a popolo impietosito del tristo fato di bella e giovine donna, chiara di sangue e di sventure, solcata in viso dalla tristezza e dagli stenti, rea di amore o per amore, e solamente dell’aver serbata la città dagl’incendii e dalle stragi.

Ma i fatti interni, comunque lieti o avversi, erano passeggieri per lo stato, e tutti gli sguardi si fissavano ai potentati del settentrione e dell’occidente. Bonaparte dal campo di Marengo, pieno e caldo della vittoria,. conquistatore in un giorno di dodici rocche e di mezza Italia, scrisse all’imperatore d’Austria pregando pace durevole, ai patti, vantaggiosi per l’Austria, del trattato di Campoformio, e però giunsero a Vienna, quasi al tempo medesimo, i due fogli di Melas, la convenzione di Alessandria, e le offerte del primo consolo, producendo sbalordimento nella città, dubbiezze e consi-