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LIBRO QUINTO — 1799. 287


Quel ritorno da EFgitto spiacque a’ principi per il chiaro nome del guerriero e ’l sospetto che si facesse sostegno al dechinare della Francia; sebbene alcuno ancora non immaginasse di quanta mole fosse un sol uomo. Piacque a loro, per la opposta parte, la caduta della repubblica, e la pruova che il governo convenevole alle presenti società stia nel senno di un capo; e non sospettando che potesse farsi re un guerriero di ventura, aspettavano che, incatenate da lui le sfrenatezze del popolo, e spente le ambizioni discordanti degli ottimati, potessero più agevolmente le parti regie nell’interno, gli usciti al di fuori, i re e gli eserciti stranieri, condurre al trono di Francia il XVIII Luigi; a tanto innalzando le speranze che credevano Bonaparte inchinato a spianare il cammino, contento delle ricompense che danno i re, gradi, titoli, ricchezza e servitù. Così i principi; ma gli uomini di libero ingegno, sospirando la caduta della repubblica, dicendo colui dittatore, Cesare usurpatore, aguzzavano i pugnali di Bruto, e speravano ad ogni foglio di Francia sentire atterrato il tiranno.

Tra i primi e i secondi accesi di sdegni o speranze varie, piccolo numero di pensanti vedeva nel consolo il salvatore della nuova civiltà; imperocchè lo stato della Francia non essendo di repubblica, fuorchè agli aspetti, ma di vera tirannide ne’ capi, di servitù ne’ soggetti, gli uni comandavano da re, gli altri obbedivano da vassalli o disubbidivano da contumaci; e passaggio immediato a liberissimo reggimento era impossibile, perchè nelle menti delle moltitudini non erano altre idee di governo e ne’ costumi altre pratiche fuorchè le assolute d’impero e di obbedienza. Viste le quali cose, l’uomo potentissimo si unì alle opinioni e a’ bisogni del popolo, si fece consolo; ed in quel giorno surse nel mondo ragionevole fidanza di mantenere le parti possibili della rivoluzione francese. La quale se aveva potuto resistere sino a quel tempo a guerre interne ed esteriori, ne aveva debito, più che alle forze del proprio reggimento, i certe funeste necessità di combattere, ed a pochi uomini egregi ed al primo ardore di libertà, già raffreddato dalle sventure e dal mal governo.

Nel tempo che in Francia il console ordinava le parti dello stato, e proponeva paci non accette a’ potentati stranieri, e levava eserciti ed armi nuove, duravano le sventure delle insegne francesi nella Italia; ed il conclave in Venezia consultava la scelta del nuovo pontefice, che, qualunque egli fosse, usciva nemico della Francia. Per lo che il cardinale Ruffo con istruzioni del re delle Sicilie ed ambizioni proprie andò al congresso, deponendo i freni del governo di Napoli nelle mani del principe del Cassero, Siciliano, nominato dal re vicerè del regno, uomo splendido, saggio, e quanto i tempi comportavano pietoso; e ben egli aveva occasione alla pietà. im-