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LIBRO QUINTO — 1799. 281

laudato; i generali Mech e Sassonia partirono da Sicilia pieni di doni; Bourcard, de Gambs, Naselli, riassunsero i passati offizii; il tenente-colonnello Lacombe, timido comandante di Civitella, fu libero di pena e poco appresso alzato a colonnello; il colonnello Prichard ebbe la sorte istessa, ed avanzò a brigadiere; il maresciallo Tschiudy godevasi nell’ozio gli stipendii e l’autorità del grado. Eppure cotesti comandanti di fortezze, cagion prima e sola della invasione francese, avevano mancato, oltracchè all’arti ed al valore di guerra, al giuramento di guardar quelle mura; e però la codardia come che vera non iscusava le colpe. Se fossero stati Napoletani prodi, nobili, pieni di merito e di servigi, sariano morti sul palco; ma stranieri, carichi d’anni di servitù, inviliti nella reggia, non davano sospetto di tradimento; esizial nome, creduto o trovato per coprire tutti gli errori, tutte le sfrenatezze della tirannide.

Si ricomponevano con l’esercito le altre parti dello stato, e tutte le opere del governo consigliava il genio maligno di vendetta. Erano gli antichi uffiziali timorosi, gli aspiranti audaci, nè tutti i commilitoni del cardinale volevano posto nella milizia; molti bramando cariche civili e riposate. Quel Dechiara, già capo dei repubblicani, che diessi, come ho riferito nel IV libro, con la città di Cosenza e le sue schiere alle armi di Ruffo, andò preside della provincia nella stessa città spettatrice del tradimento; i congiurati con Baker, con Tanfani, col Cristallaro scacciarono da ogni uffizio numero grande d’impiegati antichi. Fu rifatto lo stato e benchè sopra basi non giuste, meglio addicendosi alla natura del popolo e dei reggitori, uscì più forte il governo dalle sue rovine; ma forte della sovversione degli statuti antichi, e dell’innalzamento di uomini ed ordini moderni; da che derivava stato, come di conquista, commosso ed incerto sino a quando quel nuovo non diventasse antico: successo possibile, ma che abbisogna o di gran tempo, o di gran senno e virtù di governo.

CAPO SECONDO.

Imprese guerriere del governo di Napoli.

XI. Il re nel ristabilire il governo eccedè nella tirannide, parola che profferisco con fastidio, imperciocchè i leggitori (o più i posteri che i contemporanei, testimonii ancora essi delle cose descritte) potrebbero sospettare che io scrivessi con odio; trovandone le ragioni nel mesto esilio dalla mia patria, e nelle presenti miserie della vita. Ma non potendo con altra voce rappresentare al giusto quelle leggi, quelle opere, que’ giudizii, quelle morti del 1799, aspetterò tempi più miti, e ’l ritorno a reggimento schivo, almeno, dalle ultime