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LIBRO QUINTO — 1799. 267

alcun prigioniero pericolante in causa di maestà. Ma tosto il re, infastidito, vietò l’appressamento di alcun legno, e diessi a riordinare lo stato; avendo per consiglieri il generale Acton condotto seco da Sicilia, l’ammiraglio Nelson, i suggerimenti della regina ed il proprio sdegno.

Prima legge riguardò l’annullamento delle capitolazioni. Seconda legge, la nomina di una giunta punitrice de’ ribelli, serbando ad altre ordinanze la dichiarazione de’ delitti di maestà, le pene, il procedimento. Una giunta di stato, sin dalla resa de’ castelli, era stata composta dal cardinal Ruffo; e già in breve tempo aveva condannato parecchi repubblicani. Ma per l’accresciuta ferocia dopo la vittoria, il re, confermando giudici Antonio la Rossa di mala fama nelle pratiche di polizia, ed Angelo Fiore, notato nel precedente libro tra’ seguaci del cardinale, surrogò a’ giudici antichi altri nuovi e più tristi, fra’ quali Giuseppe Guidobaldi, già noto nella giunta del 1796, fuggitivo, e tornato in patria con stuoli di scrivani e di spie; e tre magistrati di Sicilia, Felice Damiani, Gaetano Sambuti, Vincenzo Speciale, provetti nei giudizii di Procida., Terza legge rimetteva la colpa de’ lazzari nel sacco dato alla reggia, e soggiungeva che vorrebbero i sudditi, a quello esempio, rimettere la colpa e la memoria de’ danni sofferti nello spoglio della città. Altra legge scioglieva scelte conventi ricchissimi degli ordini di san Benedetto e della Certosa, incamerando i beni a pro del fisco. Que’ frati, che non avevano colpa ne’ fatti della rivoluzione, caddero per troppa ricchezza, e per avidità regia smisurata ne’ desiderii e nelle azioni.

Quinta legge ed ultima di quel giorno prescrisse l’annullamento de’ sedili e de’ loro antichi diritti, o privilegi; per lo che, a far conoscere la gravità di quelle perdite, io rammenterò per cenni rapidissimi l’origine e l’ingrandimento di quelle congreghe. Napoli, quando città greca, aveva i portici dove per allegro vivere si adunavano gli uomini sciolti di cure, i ricchi, i nobili, gli addetti alla milizia: portici, che in appresso chiamati anche seggi, sedili o piazze, erano luoghi aperti, e nessuna ordinanza impediva lo andarvi; ma i riservati costumi di quel tempo, differenti dagli arditi di oggidi, e la mancanza del terzo stato, lasciando immenso spazio tra ’l primo e l’infimo, nessun popolano aspirava al conversar di que’ seggi. Furono quattro, quanti erano i quartieri, e poscia sei; allargata la città, altri seggi minori dipendenti da’ primi sorgevano, sì che giunsero a’ 29, ma quindi aggregati e stretti a cinque, li chiamarono da’ nomi de’ luoghi, Capuano, Montagna, Nido, Porto e Portanova. Le altre città del regno, già greche, pure avevano portici o seggi, ma quando a’ soli di Napoli si diedero facoltà di stato e privilegi, quelli rimasero a documento di nobiltà e di onore. Perciocchè il primo Carlo di Angiò concesse a’ cinque seggi di rap-