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264 LIBRO QUINTO — 1799.

di tempi o di luoghi o di civili costituzioni, non varia la natura della plebe, mostro, se lo scateni, orrendo, simile a sè, indomabile; e quanto abominevol peccato fecero i tristi che a lei tolsero i freni delle leggi e della paura. Quindi tristissimi il cardinal Ruffo (per le cose narrate nel precedente libro), e l’ammiraglio inglese lord Nelson per altri più vergognosi fatti che giustizia e verità d’istoria vuol palesati. Veniva d’Egitto. l’eroe d’Aboukir, e innamoravasi, come ho detto nel terzo libro, di lady Hamilton. Costei, nata Emma Liona, di madre povera, di padre incerto, in condizione tanto scaduta che se ne ignora la patria, se non fosse nel principato di Galles in Inghilterra; poi adulta e bellissima, sola, vagante, in povertà di stato, fra costumi corrotti, menò vita sciolta e abietta sino all’età di sedici anni. E allora, venuta in possesso di certo Graham, davasi a spettacolo nello inventato letto di Apollo, nuda e coperta di velo sottilissimo, con le sembianze della dea Igea. Cento artisti ritrassero, a scuola o per lascivia, le divine forme; ed il Romney, celebre pittore, la riprodusse nelle figure di Venere, di Cleopatra, di Frine; come altri di Baccante, di Sibilla, di Leda, di Talia e della pentita Maddalena. Sotto immagini celesti e favolose bellezza vera e presente innamorò Carlo Greville della nobile famiglia Warwick; e quando egli scese da grande altezza di carica e di fortuna, Emma venne in Napoli oratrice allo zio di lui, sir William Hamilton, per ottenere ajuto di danari e permesso al nipote di sposarla, negato innanzi. Il vecchio zio, maravigliato e poi preso di amore della non più vista bellezza, concedendo al giovine parte della dimanda per prezzo dell’altra, pagò i debiti suoi e ritenne la donna. Quindi l’anno 1791 la fece sua moglie col nome di miss Harte; e così Emma, divenuta milady e ambasciadrice, scordando i principii e ’l corso della vita, prese contegno nuovo, e ’l sosteneva come fosse antico e nativo.

E quando lord Nelson si mostrò di lei pazzamente preso, la scorta regina di Napoli (che sino a quel punto avea conversato con milady da superba, come regina con donna di ventura) dechinata l’alterigia, provvida del futuro, l’avvinse a lei coi nodi tenacissimi della vanità; nella reggia, nei teatri, al pubblico passeggio Emma sedeva al fianco della regina; e spesso, ne’ penetrali della casa; la mensa, il bagno, il letto si godevan comuni: Emma era bellezza per tutte le lascivie. Al fuggire da Napoli de’ Borboni, ella imbarcata su lo stesso vascello prese cura sollecita dell’infermo principe Alberto, e il tenne in braccio sino all’ultimo spiro, sicchè la fuga, le sventure, il medesimo asilo in Sicilia doppiarono gli affetti delle due donne.

Ed allorehè la regina Carolina lesse in Palermo le capitolazioni de’ castelli, e vide svanire le sue vendette, pregò Emma, non da regina, da amica, di raggiungere l’ammiraglio che navigava inverso