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254 LIBRO QUARTO — 1799.

napoletano, caduta la credenza della plebe da san Gennaro, bisognavano al porporato altre religioni ed altro santo. E perciò al primo raggio del 13 di giugno, alzato nel campo l’altare, celebrato il sagrifizio de’ cristiani, ed invocato sant’Antonio patrono del giorno, fece muovere contro la città tutte le torme della santa fede; stando lui a cavallo col decoro della porpora e della spada, in mezzo alla schiera maggiore, intesa a valicare il piccolo Sebeto sul ponte della Maddalena. Alle quali mosse, mossero incontro i repubblicani; prima sparando dal Castelnuovo i te tiri del cannone per tener le vie della città sgombere di genti, e salve dalle insidie de’ nemici interni.

Il generale Bassetti con piccola mano correva il poggio di Capodichina, minacciando, per le viste più che per l’armi, l’ala diritta della immensa torma che avanzava ne’ fertili giardini della Barra. Il generale Wirtz con quanti potè raccogliere andò sul ponte, vi stabilì poderosa batteria di cannoni, e munì di combattenti e di artiglierie la sponda diritta del fiume: i castelli della città restarono chiusi co’ ponti alzati. La legione Calabra, divisa in due, guerniva il piccolo Vigliena, forte e batteria di costa presso l’edifizio de’ Granili; e pattugliava nella città per impedire le insidie interne, e per ultimo disperato ajuto alla cadente libertà. I partigiani di repubblica, vecchi o infermi, guardavano i castelli; i giovani e i robusti andavano alla milizia, o formati a tumultuarie compagnie, o volontarii e soli a combattere dove li guidava sdegno maggiore o fortuna. I Russi assalirono Vigliena, ma per grandissima resistenza bisognò atterrare le mura con batteria continua di cannoni; e quindi Russi, Turchi, borboniani, entrati nel forte a combattere ad armi corte, pativano, impediti e stretti dal troppo numero, le offese de’ nemici e de’ compagni. Molti de’ legionarii calabresi erano spenti; gli altri feriti, nè bramosi di vivere; cosicchè il prete Toscani di Cosenza capo del presidio, reggendosi a fatica perchè in più parti trafitto, avvicinasi alla polveriera, ed invocando Dio e la libertà, getta il fuoco nella polvere, e ad uno istante con iscoppio e scroscio terribile muojono quanti erano tra quelle mura, oppressi dalle rovine, o lanciati in aria, o percossi da sassi: nemici, amici, orribilmente consorti. Alla qual pruova d’animo disperato trepidò il cardinale, imbaldanzirono i repubblicani, e giurarono d’imitare il grande esempio.

Con tali augurii stava Wirtz sul ponte, Bassetti su la collina, e uscì dal molo con lance armate l’ammiraglio Caracciolo; il cardinale co’ suoi avanzava. Cominciata la zuffa, morivano d’ambe le parti; ed incerta pendeva la vittoria, stando sopra una sponda numero infinito, e su l’altra virtù estrema e maggior arte. Tra guer-