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LIBRO QUARTO — 1799. 251

i mari del Mediterraneo flotte, l’une all’altre nemiche, e potentissime. La francese di venticinque vascelli, la spagnuola di diciassette, la inglese di quarantasette, in tre divisioni; la russa di quattro, la portoghese di cinque, la turca di tre, la siciliana di due, e delle sette bandiere che ho indicate, le fregate, i cutter, i brick erano innumerabili. Stavano da una parte Francesi e Spagnuoli, settanta legni; stavano dalla opposta novanta o più. Si aspettava in Napoli per le promesse del direttorio francese la flotta gallo-ispana.

XXIX. Acciò le amiche navi arrivassero in porto sicuro ed utilmente alla repubblica, bisognava respingere o trattenere le truppe borboniane, che grosse venivano a stringere la città. Tenuto consiglio per la guerra, il generale Matera, napoletano, fuggitivo in Francia l’anno 1795, tornato in patria capo di battaglione, fatto generale della repubblica, valoroso ne’ combattimenti, sciolto di morale e di coscienza, propose adunare in un esercito le milizie sparse in più colonne, accresciute di mille Francesi dei presidii delle fortezze, promessi a lui dal capo Megèan a patto e prezzo di mezzo milione di ducati; forti perciò le squadre della repubblica per numero e per arte, andar con esse ad assalire la banda maggiore del cardinal Ruffo, distruggerla; imprigionare, se fortuna era propizia, il porporato; e quindi volgere alle bande di Pronio, Sciarpa, Mammone, che troverebbero debellate prima dal grido che dalle armi. Stessero chiusi a guardia dei castelli i partigiani di repubblica; la città corresse la fortuna delle fazioni, sino a che le medesime squadre repubblicane, vincitrici nella campagna, tornassero a lei per il trionfo, ed a castigo dei ribelli. La povertà dell’erario non faceva intoppo al disegno; che se il governo (il generale diceva) mi fa padrone della vita e de’ beni di dodici ricche persone che a nome disegnerò, io prometto deporre in due giorni nelle casse della finanza il mezzo milione per l’avido Megèan, ed altri trecento mila ducati per le spese di guerra. Cittadini direttori (conchiudeva), cittadini ministri e generali; alcune morti, molti danni, molte politiche necessità che gli animi deboli chiamano ingiustizie, andrebbero compagne o sarebbero effetti de’ miei disegni, e la repubblica reggerebbe; ma s’ella cadrà, tutte le ingiustizie, tutti i danni, morti innumerabili soprasteranno.

Inorridivano a quel discorso i mansueti ascoltatori: lasciar la città, le famiglie, i cittadini alla foga ed alle rapine de’ borboniani; concitare a delitti per poi punire; trarre danaro senza legge o giustizia per forza di martorii da persone innocenti; crear misfatti crear supplizii, erano enormità per gli onesti reggitori di quello stato disapprovate dal cuore, dalla mente, dalle pratiche lunghe del vivere e del ragionare. Cosicchè tutti si unirono alla sentenza del ministro Manthonè; il quale, inesperto delle rivoluzioni, misu-