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250 LIBRO QUARTO — 1799.

racconti, rivelò quanto aveva in cuore, solo nascondendo il nome di lui che le diede il cartello, e protestando con virile proposito morir prima che offendere ingratamente l’amico pietoso che volea salvarla. Ma bastarono le udite cose, e soprattutto la scrittura e i segni del cartello, a scoprire i primi della congiura, chiuderli nel carcere, sorprender armi, altri fogli; conoscere le fila della trama e annientarla. Stava la Sanfelice timorosa di pubblico vituperio, quando si udì chiamata salvatrice della repubblica, madre della patria.

AI manifestare di que’ pericoli fu grande il terrore, scuoprendo nelle porte delle case e ne muri note o segni, che, veri, o accidentali, erano creduti di esterminio; se ne vedevano negli edifizii pubblici, ne’ banchi dello stato, e nel palazzo vescovile con abbondanza. L’arcivescovo di quel tempo, cardinale Zurlo, già contrario al cardinal Ruffo, e divenuto dispettoso della fortuna, timoroso della potenza del nemico, indicandolo principal cagione delle sventure dello stato, e non colonna, come si vantava nelle pastorali, ma disfacitore e vergogna della religione e della chiesa, lo aveva segnato di anatema. Ed il cardinale Ruffo, ciò visto, scomunicò il cardinale Zurlo, come contrario a Dio, alla chiesa, al pontefice, al re. Si divisero le opinioni e le coscienze de’ cherici; ma stavano i pietosi ed i buoni con Zurlo, i tristi e i ribaldi con Ruffo.

Se non che, distrutta per lo abuso delle armi la potenza delle opinioni, niente altro valeva che la forza. Tutte le province obbedivano al re; la sola città e piccolo cerchio intorno a lei si reggeva in repubblica. Ettore Caraffa con piccola mano di repubblicani, dopo aver combattuto all’aperto, e provveduto largamente alle provvigioni di Pescara, stava ritirato nella fortezza; i Francesi non movevano da Santelmo, Capua, Gaeta; le schiere, della repubblica erano poche, le bande della santa fede innumerabili; avvegnachèè all’amore per il re si univano le ambizioni e i guadagni di causa vincente, la impunità di colpe antiche, il perdono a chi aveva seguita poi disertata la parte di repubblica. Sbarcarono in Taranto col maresciallo conte Micheroux intorno a mille fra Turchi e Russi, che uniti e ubbidienti al cardinale presero e taglieggiarono la città di Foggia, quindi Ariano, Avellino; e si mostrarono alla piccola terra detta Cardinale, ed a Nola. Mentre Pronio, che aveva arruolato sul confine di Abruzzo alcuni fuggitivi di Roma e di Arezzo, correva la campagna sino a vista di Capua; Sciarpa, richiamata alla potestà del re Salerno, Cava, e le altre città soggiogate poco innanzi da’ Francesi, stava col nerbo delle sue bande a Nocera; fra Diavolo e Mammone, uniti nelle terre di Sessa e Teano, aspettavano il comando a procedere. Le genti che assalivano la inferma repubblica erano dunque Napoletani, Siculi, Inglesi, Romani, Toscani, Russi, Portoghesi, Dalmati, Turchi; e nel tempo stesso correvano