Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 I.pdf/236

226 LIBRO QUARTO — 1799.

fra le rupi e le boscaglie del suo paese, e vedendo da lungi, non visto, disponeva gli assalti contro a’ soldati francesi che andavano soli o a piccole partite, e spietatamente gli uccideva. Correndo da Portella al Garigliano trucidava i corrieri e qualunque gli desse ombra di recar lettere o ambasciate; rompeva il cammino tra Napoli e Roma.

Nella stessa provincia ma in altra contrada, quella di Sora, guerreggiava capo di molti Gaetano Mammone mulinaro; la ferità del quale tanto si scosta dalla natura degli uomini e si avvicina alle belve crudelissime, che io con animo compreso di orrore dirò di lui come di mostro terribile. Ingordo di sangue umano, lo bevea per diletto; beveva il proprio sangue ne’ salassi suoi; negli altrui, lo chiedeva e tracannava: gradiva, desinando, avere su la mensa un capo umano, di fresco reciso e sanguinoso; sorbiva sangue o liquori in teschio d’uomo e gli era diletto a mutarlo. Immanità che non avrei narrate nè credute se il pubblico grido, che spesso amplifica i fatti maravigliosi, non fosse confermato da Vincenzo Coco, uomo ed autore pregiatissimo, consigliere di stato, magistrato integerrimo, che da istorico narra e da testimonio accerta le riferite crudeltà. Mammone in quelle guerre civili spense quattrocento almeno Francesi o Napoletani, e tutti di sua mano, facendo trarre dal carcere i prigionieri per ucciderli a gioja del convito, stando a mensa coi maggiori della sua torma. Eppure a tal uomo, o a questa belva, il re Ferdinando e la regina Carolina scrivevano: «Mio generale e mio amico.»

Prosieguo a descrivere lo stato interno de’ popoli. Torma numerosa guerreggiava nella provincia di Salerno. Una stretta nominata di Campestrino, difficile, intrigata, era guernita di borboniani, che la cedevano solamente alle poderose colonne di milizia, e combattendo. Di là correvano le terre del Cilento, i monti di Lagonegro, e gli stessi dintorni della città capo della provincia; perciò il cammino delle Calabrie ingomberato da’ borboniani era chiuso ad ogni altro. La città di Capaccio e le terre di Sicignano, Castelluccio, Polla, Sala, inalzata bandiera regia, minacciavano i paesi di repubblica. Il vescovo Torrusio, dopo ribellata la città di Capaccio, combatteva con armi spirituali e guerriere; mentre nelle altre terre della stessa provincia dirigeva le armi per il re Gherardo Curci soprannomato Sciarpa; già capo degli armigeri della udienza, congedato da quell’uffizio, ributtato quando egli chiese di servir la repubblica, e ingiuriato del nome di satellite della tirannide.

XII. Guerra più sanguinosa travagliava la Basilicata, combattendo quei popoli ciecamente; che l’essere governati a repubblica o a signoria non era sentimento ma pretesto a sfogare odii più antichi: vedevi perciò d’ambe le parti molte truppe, molti corpi, combat-