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LIBRO QUARTO — 1799. 221

dagli usi e dalla mente de’ruvidi abitanti delle campagne. La tendenza maggiore de’ discorsi era il pagamento de’ fiscali, ed il ricordo degli ajuti e degli sforzi che debbono i cittadini alla nascente libertà.

Da’ discorsi passando alle opere, andavano i commissarii investigando gli atti e le opinioni dei magistrati; i quali, anziani di età, scelti tra partigiani del passato governo, mal contentavano le passioni estreme di giovani ardenti delle parti contrarie; e perciò ad essi erano surrogati uomini nuovi. Molti onesti abitanti delle province, scontenti del passato per sofferta tirannide o per gli spogli delle ricchezze pubbliche e private, amavano gli ordini novelli e gli secondavano; ma si arrestarono a mezzo corso quando, visto governato lo stato dalle opinioni non dal consiglio, presagirono pericoli e precipizii.

VII. Un solo frastuono di libertà, le accuse pubbliche, non ancora si udiva, ma fu corto il silenzio. Niccolò Palomba volendo accusare Prosdocimo Rotondo, membro tra i venticinque del governo, adunò molti patriotti; ed esponendo le colpe, le pruove, le utilità del giudizio, dimandò assistenza contro d’uomo potente; ma in tempi ne’ quali la potenza vera risedeva nella sovranità del popolo. Applaudito il pensiero, intese le accuse, fu promesso per grida patrocinio all’animoso proponimento. Nuovo il giudizio e non prescritte le forme, andò l’accusatore con grande numero di clienti, e con libello che lesse al governo sedente in atto di legislatore, presente l’accusato e facendo parte dell’augusto consesso. Maravigliarono gli uditori; ed alzandosi dubbio se l’accusa dovesse ammettersi, pregante l’accusato, fu ammessa. Trattava di colpe antiche e non vere: la fama di Rotondo era egregia; quella di Palomba (tranne l’amore per la repubblica) correva macchiata di sospetti e di falli; ma i faziosi tenendo ad argomento di piena libertà quel processo, lodavano a mille voci l’accusalore, e concertavano seco in secrete adunanze le offese; mentre l’accusato dimandava in aperto il giudizio. Parve scandalo al governo il proseguimento di processo iniquo, pericoloso per lo esempio all’autorità inviolabile de’ rappresentanti dello stato; e perciò, seguendo il partito degl’infingardi, lo sospese; concesse a Palomba uffizio grande e bramato di commissario in un dipartimento; e sperò di coprire col silenzio la turpitudine de fatti. Quindi ad un mese, mutate le forme e le persone del governo provvisorio, Prosdocimo Rotondo tornato privato cittadino, valendosi delle ragioni di libertà, dimandò il rinnovamento del giudizio da’ magistrati comuni; e fu assolto. Non egli per magnanimità, e non alcun altro, custode delle leggi, per timidezza, diede accusa di calunnia.

Que’ fatti mostrarono la via degl’impieghi pubblici, la forza delle