Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 I.pdf/224

214 LIBRO QUARTO — 1799.

sentenze della presente libertà francese; perciò sconfinata quanto il genio della rivoluzione, e quanto filosofia ideale non applicata alle società. Gli umani difetti, le colpe umane, le stesse virtù, che per natural cammino cadono in vizii; le ambizioni, l’eroismo, necessarii alle repubbliche, ma che di loro natura trascendono in pericolo dello stato; in somma, tutte le necessità che accerchiano l’umana condizione, travisate o sconosciute dalle dottrine astratte, creavano certa idea di libertà politica troppo lontana dal vero. E maggiore ignoranza era nella pratica. Qui non mai parlamento nazionale o congreghe di cittadini (da’ tempi antichissimi e scordati della buona casa sveva) per trattare i negozii dello stato; qui sempre i diritti di proprietà conculcati dalle volontà del fisco. dalle gravezze feudali, dalle decime della chiesa, dalle fantasie della prepotenza; qui le persone soggette all’imperio de’ dominatori e de’ baroni, agli abusi del processo inquisitorio, alla potenza de’ delatori e delle spie, alle leve arbitrarie per la milizia, ed alle angarie della feudalità; qui non libere le arti nè i mestieri nè le industrie; qualunque volontà impedita. Il solo segno di libertà rimaneva ne’ parlamenti popolari per la scelta degli ufficiali del municipio; libertà sola e sterile perchè tra infinite servitù.

Mancavano dunque le persuasioni di libertà; peggio, della uguaglianza. La libertà viene da matura, così che bisognano ripetuti sforzi del dispotismo, e pieno abbandono del pensiero per dimenticarne il sentimento; l’uguaglianza nasce da civiltà, e per lungo uso della ragione; che non sono concetti di natura, il debole uguale al forte, il povere al ricco, l’impotente al potentissimo: nelle tribù rozze dell’antichità erano gli uomini liberi ma inuguali. E dopo le dette cose, riandando la storia del popolo napoletano, non l’antichissima e dimenticata delle repubbliche greche, ma la più recente, come che vecchia e continua di sette secoli, che ha formato gli universali costumi, non si troverà negli ordini civili pratica o segno di eguaglianza; bensì monarchia, sacerdozio, feudalità, immunità, privilegi, servitù domestica, vassallaggio ed altre innumerevoli difformità sociali. Perciò in quell’anno 1799 non era sentita dalla coscienza, e nemmeno concepita dall’intelletto del popolo l’uguaglianza politica; solamente l’ultima plebaglia finse d’intendere in quella voce l’uguale divisione delle ricchezze e de’ possessi.

Dalle quali cose discende che i maggiori prestigi della rivoluzione francese, libertà ed uguaglianza, erano per il nostro popolo non pregiati nè visti. Queste sole differenze tra le rivoluzioni di Francia e di Napoli bastavano per suggerire differenti regole di governo; ma ve n’erano altre non meno gravi. Aveva la Francia operato il rivolgimento; l’aveva Napoli patito; il passaggio tra gli estremi di monarchia dispotica e repubblica era stato in Francia