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202 LIBRO TERZO — 1799.

vicario i castelli della città; e il vicario di natura vigliacco, atterrito, preparato a fuggire, diede comando che al popolo della città, nemico ai Francesi, fedele al re, fossero i castelli consegnati; e lo furono; le carceri, le galere furono aperte; molte migliaja di tristissimi si unirono alla plebe. Ed allora dalla grandezza de’ casi alzato l’animo de’ magistrati del municipio, mandarono al vicario deputazione; l’orator del quale, principe di Pindemonte, così parlò: «La città vi dice per nostro mezzo rinunziare a’ poteri del vicariato; cederli a lei; rendere il denaro dello stato che è presso di voi; prescrivere per editto ubbidienza piena e sola alla città.» Il vicario disse: consulterebbe; e nella notte, senza rispondere alle intimazioni, nè lasciando provvedimenti di governo, fuggì. Chi pensò essere quelle le istruzioni a lui date dalla regina; e chi suggerite dal proprio senno per ignavia ed abito antico agli errori; o per opprimere sotto le rovine il suo nemico general Acton. Andò in Sicilia oratore infelice della sua vergogna, e fu chiuso in fortezza.

Il popolo vedendo quarantamila armati dei suoi, le castella in sue mani, spezzati i freni delle leggi e della paura, si credè invincibile. Chiamando traditori e giacobini i generali dell’esercito, nominò suoi condottieri i colonnelli Moliterno e Roccaromana, segnati di fedeltà, l’uno da un occhio acciecato nella guerra di Lombardia, l’altro da recente ferita nel combattimento di Cajazzo; e poi nobili, domatori arditi di cavalli, e (che più val su la plebe) grandi e belli della persona. Accettarono per non aver colpa del rifiuto, e perchè speravano con l’autorità da furibondi concessa, moderarne il furore. La municipalità, solo magistrato che stesse in atto di uffizio, assenti alla scelta; e l’impaurita città fece plauso. Torma di plebe andò in cerca di Mack; e non trovatolo in Casoria dove credeva, per subito mutato consiglio ritornò. Il generale, ricoverato nella notte dentro piccola casa di Caivano, agli albori del seguente giorno, vestito da generale tedesco, ed offertosi al generale Championnet in Caserta, ebbe magnanime accoglienze e la permissione di libero viaggio per Alemagna; ma trattenuto in Milano, andò prigione a Parigi. Le geste militari narrate in questo libro assai dimostrano di lui l’arte e ingegno; e la storia di Europa ne conserva documenti più chiari ne’ fatti d’Ulma, l’anno 1805. Depose nel general Salandra l’impero dell’esercito a pompa e a nome, però che l’esercito sciolto, nè ubbidito l’impero. Il nuovo capitano fu poco di poi ferito da genti del popolo, e seco il generale Parisi, mentre andavano uniti ordinando i campi. Altri uffiziali furono feriti, altri uccisi, desertate le trinciere o le stanze, nessuna l’obbedienza, il sentimento della propria salute prepotente; e non altra forza che ne’ tumulti, non altra autorità e pericolante che in Roccaromana e in Moliterno.