Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 I.pdf/211


LIBRO TERZO — 1799. 201

della fortezza, ed accresceva i munimenti e le guardie. Ma il vicario, che già negoziava secretamente con Championnet per la pace, gli chiese almeno lunga tregua; e convenuti nel villaggio di Sparanisi, per le parti di Napoli il duca del Gesso e ’l principe di Migliano, per la Francia il generale Arcambal, concordarono il giorno 12 del 1799: «Tregua per due mesi; la fortezza di Capua, munita ed armata com’ella era, nel dì seguente a’ Francesi; la linea de’ campi francesi tra le foci de’ regii Lagni e dell’Ofanto; dietro la riva diritta del primo fiume, la sinistra dell’altro; ed occupando le città di Acerra, Arienzo, Arpaja, Benevento, Ariano; le milizie napoletane ancora stanziate ne’ paesi della Romagna, richiamarsi; farsi Napoli debitrice di due milioni e mezzo di ducati, pagabili, metà il giorno 15, metà il 25 di quel mese.» Tregua peggiore di guerra sfortunata. Perciocchè deporre le armi per pace a duri patti, poteva in alcun modo giovare al re ed al regno; ma sospendere in alto le armi, e trattenere, indi estinguere la maggior forza di quel tempo, la foga de’ popoli, e concedere al nemico la sola fortezza che difende la città, e vasto e ricco paese nel cuore dello stato, e sicurezza ed agio ad aspettare nuovi rinforzi di Lombardia: ossia, cadere certamente dopo due mesi di affannoso respiro, era solamente danno, solamente precipizio, senza mercede o speranza. Fermata la tregua, i Francesi al dì vegnente occuparono la fortezza di Capua; e, posti i campi su la riva de’ Lagni, occuparono sino all’Ofanto (fiume che sbocca nell’Adriatico) l’acquistato paese. Le milizie napoletane, che tuttodì per fughe menomavano, accamparono, a segno di guerra più che a difesa, nella opposta riva de’ Lagni. I popoli della città e delle province riprovarono quegli accordi; e chiamandoli del nome usato di tradimento, cessò la guerra esterna, la domestica crebbe. I commissarii francesi nella sera del 14 di gennajo vennero in Napoli a ricevere il pattovito denaro, non ancor presto, nè possibile a raccogliere, perchè tutto il pubblico ed il comune, in moneta, in metallo, dalle chiese, da’ banchi, dalla zecca, era stato involato nella fuga del re. La plebe, visti i commissari, si alzò a tumulto che durò tutta la notte, arrecando timori non danni, avvegnachè per pratiche secrete del vicario i Francesi uscirono di città, e la guardia urbana contenne le ribalderie,

Al seguente mattino tutto in peggio si volse. Alcuni soldati, vogliosi o timidi, cederono le armi a’ popolani, che assalendo i quartieri delle guardie urbane, e disarmandole, sciolsero quella benefica milizia. Divenuti potenti per numero, armi, e prime fortune, corsero alle navi arrivate nella notte con seimila soldati; i quali dubbiosi, ed il capo general Naselli, codardo, diedero le armi; e facili a’ tumulti quanto avversi alla buona guerra, si unirono agli assalitori. Così di piccolo rio fatto un torrente, quelle forme chiesero al