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178 LIBRO TERZO — 1798.

altri non mai; nessuno difeso; come tirannide usa con gl’innocenti.

Benchè nuova legge stabilisse che la infamia per i delitti o le pene di maestà non si spandesse nel casato ma rimanesse intera sul colpevole, e benchè fosse vietato, tanto più nella reggia, difendere o raccomandare i creduti rei, pure due donne, madre di due prigioni, la duchessa di Cassano e la principessa Colonna, questa grave d’anni, quella uscita di giovinezza, entrambe specchi di antica costumatezza, vinte dal dolore, andarono in vesti nere alla regina; e or L’una or l’altra confusamente parlando e piangendo insieme, la pregarono in questi sensi: «Vostra maestà che è madre può considerare il dolor nostro, che madri siamo di miseri figliUoli. Eglino da quattro anni penano in carcere, e quasi ignoriamo se vivono. Le nostre case stanno in lutto; genitori, sorelle, parentado, non troviamo quiete, e dalla prima orrida notte non spunta riso da’ nostri labbri. Senta pietà di noi, ci renda i figli e la pace; e Dio la rimuneri di queste grazie con la felicità della sua prole. Ma se fossero rei? la regina riprese. Ed elle per dolore affrettando il discorso, ad una voce replicarono : «Sono innocenti; lo attesta il silenzio degl’inquisitori, la tenera età de’ nostri figli, e gli onesti costumi, la religione verso Iddio, l’obbedienza che ci portavano, e nessuna macchia, nessun fallo, nemmeno que’ leggieri che si perdonano alla inesperta gioventù.» Nè altro dissero, instupidite e accommiatate. Più de’ discorsi l’aspetto dolentissimo e la egregia fama delle donne commossero la regina; non così da far grazie alla reità degli accusati, ma perchè sospetto della innocenza. Ella inflessibile a’ rei, non bramava travagliare i giusti; diversa da’ ministri suoi, che dall’universale martirio traevano grandezza e potere. Quei principi, credendo ad inique genti, furono spietati non ingiusti; sino ad altra età, che, non più ingannati, ma volontarii, cruciarono i soggetti, innocenti o rei, per amore di parti e insazietà d’impero.

Ma in quell’anno 1798, men guasto il senno è l’animo di loro, il re, dopo il riferito discorso delle due donne, scrisse lettere alla giunta di stato che imponevano di spedire il processo degli accusati di maestà. i quali da quattro anni languivano nelle prigioni, stando in sospeso la giustizia, con grave danno dell’esempio , e forse travagliando immeritamente gran numero di sudditi infelici. Per quello stile di pietà, nuovo, inatteso, intimorendo la giunta (che tutti tremano della tirannide; chi la esercita, chi la sopporta), i duo primarii inquisitori, Castelcicala e Vanni, consultarono. Nulla i processi provavano, ed eglino temendo l’ira de’ principi, le grida popolari, la vendetta degli accusati, macchinarono partiti estremi e disperati, cosicchè a tutti, raccolti nel seguente giorno in magistrato, letto il messaggio del re, vista la necessità di spedire i referti,