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LIBRO TERZO — 1798. 175

Spagna, fece chiaro il proponimento di guerra. E allora in Roma la moribonda potestà concitò alle difese, lusingando la coscienza dei popoli con le arti sacre di processioni, preghiere, e giubileo; e col trovato del cardinal Caleppi che le immagini delle madonne, rispondendo al pianto de’ sacerdoti, versavano dalla tela e dal legno lagrime vere. In mezzo alle processioni e miracoli pervenne in città l’editto di Berthier, che annunziava già vicino l’esercito punitore degli assassini di Duphot e di Basville, ma proteggitore del popolo e delle sue ragioni, obbediente alla disciplina; timori, speranze, agitazioni, secondo le parti, si levarono. E poco appresso all’editto il luccicare delle armi, e le bandiere dei tre colori, viste sopra i colli di Roma, bastarono a’ novatori per adunarsi tumultuosamente a Campovaccino; e gridando libertà, ergere l’albero che n’era il segno. Ambasciatori della non ancora nata repubblica andarono a Berthier, attendato alle porte di Roma, per pregarlo ad entrare in città e stabilire gli ordini nuovi co’ diritti sovrani del popolo e della conquista. Egli entrando pomposamente per armi, suoni, e plausi, decretò cessato il tirannico impero de’ preti, e ristabilita la repubblica di Roma da’ discendenti di Brenno, che davano libertà nel Campidoglio a’ discendenti di Camillo; rammentava Bruto, Catone ed altri nomi e memorie che rialzavano la eloquenza del discorso, e la solennità di quell’atto. Ciò ai 15 di febbrajo dell’anno 1798. Il pontefice Pio VI, in que’ tumulti chiuso in Vaticano, ignaro di governo, immobile, silenzioso, avrebbe fatto maraviglia di serenità e di filosofica rassegnazione se necessaria pazienza non togliesse virtù a quelle mostre. Non governava, nè partiva; era intoppo e scandalo alla repubblica; della quale andato ambasciatore il general Cervoni per chiedergli che in qualità di pontefice riconoscesse il nuovo stato, egli, preparato alle risposte, disse: «Mi viene da Dio la sovranità; non mi è lecito rinunziarla. Ed alla età di ottanta anni non mi cale della persona e degli strazii.» Bisognando a discacciarlo i modi della forza, fu investito il Vaticano, disarmate le guardie pontificie, scacciati i famigli, messo il suggello agli appartamenti, e infine impostogli che in due giorni partisse, Obbedì, e il dì 20 di quel mese con piccolo corteggio uscì di Roma per la volta di Toscana.

Io ne compio la istoria. Si fermò à Siena, ma, spaventato da’ tremuoti, passò alla Certosa di Firenze; e poi (per sospetti e comandamenti della repubblica francese) a Parma, a Tortona, a Turino, a Briançon. Sommo pontefice, cadente per estrema vecchiezza, infermo, afflitto, era portato prigioniero di città in città, partendosi prima degli albori ed arrivando nella notte per celarlo alle viste de’ devoti. Nè a Briançon quietò, ma fu menato nella fortezza di Valenza; e di là volevano trasportarlo a Dijon; ma ne fu libero per